Lavorando, ormai da anni, come psicologo in diverse scuole medie e superiori, affronto spesso con le ragazze e i ragazzi temi e problemi che riguardano il loro futuro. Potrà apparire triste e per me lo è, ma tra i più giovani voler fare l’influencer sembra essere una delle massime aspirazioni.
Alla luce di questa osservazione, in un contesto sociale dove difficilmente gli esseri umani si avventurano in luoghi “dove non prende” (la wi-fi), possiamo sempre parlare di libero arbitrio? Possiamo realmente dire di avere il controllo delle nostre azioni, a tal punto da poter scegliere liberamente che cosa fare e in quale momento? Forse non troppo, se il nostro comportamento è sotto il controllo della così detta digitalizzazione di massa.
Molti mi potrebbero rispondere che proprio grazie all’iper-connessione, all’alta velocità e alla Ryanair siamo molto più liberi dei nostri nonni ed in parte potrebbe essere vero. Sebbene per molti, moltissimi aspetti sia ovvio che stiamo vivendo un mondo migliore rispetto a quello di 100 anni fa, al contempo appare, dal mio punto di vista, evidente che possa ad oggi esserci un’illusione di libero arbitrio. In alcune situazioni tendiamo a sovrastimare il controllo che abbiamo sulle nostre azioni, ad esempio quando crediamo che indossando una maglia “fortunata” ci potrà toccare “il cavallo bono”.
Altre volte lo sottostimiamo, come per esempio quando compriamo l’iPhone a nostro figlio, “perché ce l’hanno tutti”. Recenti studi hanno dimostrato che credere di avere libero arbitrio possa indurre a comportamenti pro-sociali, come ad esempio aiutare gli altri, e disincentivare azioni immorali. Ciò potrebbe essere spiegato dal fatto che un individuo, se posto di fronte a una tentazione, se crede di poter controllare le proprie azioni si sforza di farlo, al contrario di chi, non credendo nel libero arbitrio potrebbe pensare che non avendo alcun controllo sulle sue stesse azioni, può dunque assecondare i priori impulsi.
Alla luce di quanto considerato, indipendentemente da quanto libero arbitrio effettivamente abbiamo, sembra evidente che, nell’interesse della nostra comunità, sia importante che l’essere umano vi creda. Un po’ come la scommessa di Pascal: possiamo scommettere sulla non esistenza di Dio e allora, se avremo ragione, ci saremo goduti una vita dissoluta senza alcuna conseguenza. Ma se avremo torto, ci saremo persi il Paradiso.
Per Pascal dunque è decisione saggia scommettere sull’esistenza di Dio, in quanto “se vincete, guadagnate tutto; se perdete, non perdete nulla”.
Jacopo Grisolaghi – Psicologo e Psicoterapeuta – www.jacopogrisolaghi.com