Se ne sta perdendo la memoria, tra poco forse le tracce del Castello del Cerretaccio, ovvero di Cerreto Ciampoli, posto tra Pievasciata e Pianella a difesa dei confini della Repubblica senese in quest’area.
Entri dall’arco principale e noti lo spessore delle mura, ma ciò che fa immediatamente impressione è una delle cose più suggestive viste: la torre di difesa crollata a terra in tutta la sua lunghezza e nella parte finale rimasta intatta. Ti immagini come possano averla abbattuta durante uno dei molti assedi subiti e hai davanti la realtà di ciò che studi o vedi nei fil: come cade e si infrange a terra una torre di quelle dimensioni. La storia che si materializza (in realtà io ho pensato anche all’assedio di Minas Tirith e ai massi lanciati dalle catapulte, ma questo non dovrei confessarlo, forse).
Documenti d’archivio attestano l’esistenza del castello già nel 1097. Ne 1142 venne poi ceduto ad una delle più importanti consorterie di Siena, i Cerretani, da cui prese il nome. Aveva al suo interno case ed una chiesa (ancora notevole, specialmente il particolare portale d’ingresso) tanto che dal 1230 circa vi veniva inviato ogni sei mesi un podestà senese ad amministrare la giustizia. Nel 1232 Cerreto Ciampoli venne espugnato dall’esercito fiorentino che, in seguito, firmò con i Senesi un accordo in base al quale la fortificazione sarebbe dovuta essere destrutturata, ma questo non avvenne mai. Siena ne torna in possesso definitivamente nel 1348 ma, nel corso del tempo il “Cerretaccio” (da qui il nome?) divenne luogo di rifugio per briganti, esuli e fuoriusciti senesi e per questo venne distrutto da Siena stessa nella prima metà del Cinquecento.
Ma può esserci un castello così senza spiritelli e fantasmi? Macchè! E allora nelle notti di luna piena (la luna deve essere sempre piena!) gli spiriti dei soldati morti nella distruzione del castello escono da sotto la torre crollata e si pongono a difesa del cassero e soprattutto del forziere con i tesoro che ancora è nascosto sotto le rovine e che né i fiorentini né i senesi “traditori” sono riusciti a trovare. Non a caso la tradizione vuole che in quella zona dopo la pioggia, quando esce l’arcobaleno, una parte finisca sempre al Cerretaccio per indicare, a chi un giorno saprà guardare con occhi puri, il luogo dove è sepolto il prezioso scrigno.
Maura Martelucci