E’ di misteri e leggende il borgo Poggio ai Frati, vicino alle Ville di Corsano.
Ve lo dico subito: non sappiamo niente di certo sul questo “borgo fantasma” e sarà tutto un “si dice”, “si racconta”. Sappiamo che fu un importante castello della fascia di fortificazioni presenti nel territorio senese e che, nell’Ottocento, venne trasformato in abitazioni contadine e signorili, che per un certo periodo appartenne alla famiglia Marsili e che è stato abitato fino al 2004.
Osservando la torre, con la base a zoccolo ci rendiamo conto di essere in presenza di una delle tante fortezze che vennero coinvolte nella Guerra di Siena del 1554-1555, che ebbe importanti ripercussioni anche nel territorio. Dalle poche notizie storiche delle quali siamo in possesso sappiamo che venne conquistato dalle truppe imperiali nel luglio del 1554, che venne espugnata la torre, vennero fatti tre prigionieri e fu razziato tutto ciò che i soldati trovavano.
Poi, i soldati, dettero addirittura fuoco al cassero. Tutto questo lo scrive il cronista Alessandro Sozzini nel suo “Diario delle cose avvenute in Siena dai 20 luglio 1550 ai 28 giugno 1555”. E questa, forse, è la fine militare di Poggio ai Frati, ma il complesso è ben precedente, duecentesco probabilmente, composto già da un castello, forse con più torri, e un fossato; vi abitava una comunità abbastanza numerosa ed essendo in luogo strategico ospitava anche un contingente di soldati.
E veniamo al perché di questo particolare nome: Poggio ai Frati pare fosse un “convento” di espiazione, non un semplice luogo di preghiera, ma un luogo nel quale venivano “spediti” i più “temibili” religiosi. Ma può esistere un luogo simile senza fantasmi, spiriti e affini come vi dico sempre? La tradizione orale, che va di epoca in epoca, vuole che quando il castello venne soppresso gli spiriti dei frati non la presero benissimo e nelle notti di vento (per una volta niente luna piena!) si sentivano ululare dalla collera, oppure si presentavano come nuvole dalla foggia umana oppure aleggiavano nella loro trasparenza di morte.
C’è chi narra che l’organo della chiesa suonasse da solo e chi tramanda di un uomo che non credendo a questi racconti abbia voluto passarvi la notte per uscire, al mattino, con i capelli completamente bianchi per quanto aveva vissuto, specie l’incontro con il monaco incappucciato del quale si vedeva solo il teschio. E poi vi chiedete ancora perché si chiama “Poggio ai Frati”?
(ps: per ogni racconto legato alle tradizioni orali, vere e verificate, non perdete il libro di Massimo Biliorsi “Guida magica delle terre di Siena”, Siena 2008.
Maura Martellucci
Foto di copertina – Mirella Bruni
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