Il castello fortificato di Bibbiano è noto nei documenti almeno dall’850 quando era di proprietà del conte longobardo Guinigi di Reghinari, legato imperiale al tempo di Ludovico II.
Il nome Bibbiano sembra derivi da “Bibbio” (in latino bibianum), un uccello acquatico simile all’anatra del quale erano ricche queste terre ed era conosciuto anche come Fischione.
Il castello era della famiglia dei Guiglieschi fino al 1051, quando Arrigo III lo destina all’abbazia di Sant’Antimo. Intorno al 1345, legato alla Repubblica di Siena, passa alla famiglia Bichi, e si dice che vi avesse soggiornato anche il pittore Pietro Lorenzetti.
Nel Quattrocento i lavori di ammodernamento vengono affidati a Giorgio Lombardo e nella prima metà del XVI secolo fu restaurato addirittura da Baldassarre Peruzzi (le cui strutture ricordano i fortini che aveva inserito come fortificazioni all’interno delle mura di Siena) per conto del cardinale Raffaello Petrucci, che ne aveva preso possesso dal 1515. Nel tempo è stato dei Borghese (qui visse la sua adolescenza Marcantonio Borghese padre di Paolo V, prima di intraprendere la sua folgorante carriera alla Corte pontificia di Roma), dei Chigi e dei Malavolti.
Nel 1909 un terremoto fece crollare la sommità della torretta delle mura che venne poi ripristinata. Nel 1913 venne acquistato dall’avvocato Mario Costanti Marri Mignanelli e nel 1922 venne dichiarato monumento nazionale. Oggi è ancora privato, chiuso (purtroppo) e in attesa di essere restaurato e riaperto. Momento in cui io correrò a vedere essendo davvero una struttura unica nel nostro territorio.
Nonostante nel corso dei secoli sia stato usato più come residenza che come fortilizio, presenta ancora oggi il suo aspetto di castello medievale: un massiccio quadrilatero cinto da fossato, la porta principale dotata di ponte levatoio, due cinte murarie con feritoie, camminamento di ronda e gran parte della merlatura guelfa intatta, due torrette d’angolo con apparato difensivo a sporgere su beccatelli in pietra (entrambe sul fronte occidentale, una integra e una scomparsa), mastio centrale (la cui sommità è stata ricostruita dopo il terremoto del 1909 e dotata di tetto appoggiato sulla esistente merlatura).
Campeggia sul portone d’ingresso lo stemma della famiglia Chigi e, in certe ore, ti sembra di scorgere l’ombra del Peruzzi che si compiace di questo piccolo capolavoro.
Maura Martellucci