Fino al 1749, oggi, 24 marzo, sarebbe stato l’ultimo giorno dell’anno, e domani, 25 marzo, sarebbe stato il primo, quindi Capodanno. Questo modo di contare i giorni era detto “stile dell’incarnazione” ossia si calcolava l’anno dal giorno dell’Annunciazione dell’angelo a Maria, ossia dal concepimento di Gesù. Questo modo di computare i giorni era ampiamente usato, fin dal Medioevo, non solo in Italia ma anche all’estero, ad esempio in Inghilterra. In Italia era in uso soprattutto al centro e in Toscana dove si mantenne più a lungo che nel resto della Penisola o dell’Europa tanto che ad un certo punto prese il nome anche di ‘stile Toscano’: a Siena, come a Siena ma anche a Pisa, Lucca, Firenze.
Lo stile dell’Incarnazione portava a far coincidere il “capodanno cristiano” con l’equinozio di primavera e questo dà anche un senso al nome di alcuni mesi come settembre, ottobre, novembre, dicembre che, contando marzo, diventano il settimo, ottavo, nono e decimo, mese dall’inizio dell’anno. Tra l’altro esistono vari tipi di calendario dell’Incarnazione: lo stile senese (in uso anche a Firenze) e lo stile pisano. Il riferimento era sempre il 25 marzo ma se a Siena, e facciamo un esempio pratico, domani sarebbe stato il primo giorno del 2022 (e, forse, sarebbe passato o diminuito tutto questo casino!), a Pisa sarebbe già iniziato il 2023, dunque l’anno si sfasava di nove mesi.
Poi in Toscana esisteva anche un altro modo modo di contare i giorni ed era lo stile ‘a nativitate’, cioè dalla nascita di Cristo, adottato a Pistoia, Massa Carrara, Arezzo, Cortona e, logicamente, faceva iniziare l’anno dal 25 dicembre. Potete dunque quale confusione ci poteva essere nello scambio di lettere, ambascerie e negli affari. Per evitare tale confusione, in ambito mercantile e commerciale, già da secoli (in realtà dal ‘500) si era iniziato a datare, convenzionalmente, i documenti legati agli esercizi finanziari e legati agli scambi al 1° gennaio perché, tra le varie zone d’Italia, d’Europa e oltre, ci doveva essere la massima chiarezza per non dare adito a rivendicazioni di nessun tipo tra le principali aziende e compagnie commerciali.
Così, nel 1749 l’imperatore Francesco di Lorena, granduca di Toscana, riforma il calendario, ingiungendo che in tutto il suo Stato dovesse essere usato un criterio unico, uniformato a quanto era già stato fatto in varie realtà fuori d’Italia. Per Siena questo significò calcolare l’anno a partire dal 1° gennaio. E dal 1° gennaio 1750, domani, non è più Capodanno. Comunque, come si suol dire e dati i tempi: buona fine e un miglior ‘prencipio’ (come avrebbe detto mio nonno Italo).
Maura Martellucci
Roberto Cresti
Roberto Cresti