Il 25 marzo, giorno dell’Annunciazione a Maria, (fino al 1°gennaio 1750, quando entra in vigore in nuovo computo dei mesi voluto da Francesco di Lorena) è il primo giorno del nuovo anno.
A Siena il Capodanno veniva festeggiato in vari modi. Girolamo Gigli, nel suo Diario Senese, descrive il rituale in maniera puntuale: si inizia con la donazione dei ceri alla chiesa della Santissima Annunziata da parte del comune, questo per solennizzare la festa dell’Annunciazione a Maria. Sempre al Santa Maria della Scala le grance (cioè le fattorie di proprietà dell’ospedale) presentavano le loro maestranze e venivano esposte nella cappella del Manto le Sante Reliquie (di proprietà del Santa Maria: si andava da una scheggia del legno della Santa Croce e al Sacro Chiodo ad un dito del Beato Ambrogio Sansedoni) alla devozione di tutti i senesi.
A Palazzo Pubblico si teneva, invece, la cerimonia di passaggio del testimone del ‘potere’. Scrive Gigli: a Capodanno nel Palazzo Pubblico di Siena “si dà la mattina il possesso al nuovo Senato (…) Ascoltano nella cappella del Palazzo unitamente la messa i Signori del precedente bimestre e i nuovi” e uno dei Signori che stanno lasciando la guida della città “dà le consegne” ai nuovi raccomandando come governare a quelli che stanno entrando in carica e dopo avviene la consegna dello scettro e degli anelli che sono i simboli del governo della città. Terminato il rito i Signori e i nobili presenti si portano tutti al duomo per rendere grazie a Maria ‘protettrice della città’.
Era, dunque, un Capodanno religioso (l’Annunciazione è l’inizio della storia cristiana) e un Capodanno civile. Da alcuni anni a Siena si è ripresa la tradizione di ricordare il “Capodanno Senese”, una richiesta venuta soprattutto dal mondo delle Contrade (anche se in epoca Covid in forma ridotta, logicamente). E questo non accade solo a Siena. A Pisa si festeggia il ‘Capodanno pisano’ fin dagli anni Ottanta del secolo scorso ed è legato al rituale cittadino più importante: al gioco del Ponte. Quindi, non a caso, è questo un modo per ricordare, il proprio passato legato a quelle che sono, nelle varie città, le tradizioni più radicate e importanti di quella comunità civica. Poi, dal 1750 tutto cambia e cambia anche il conteggio delle ore: tutti gli orologi vengono così regolati alla francese con il giorno diviso in 12 ore, mattutine e serali, iniziando il conteggio dalla mezzanotte. Le due novità stizzirono i senesi più conservatori che la giudicarono una ‘bizzarria’. Le innovazioni introdotte, tuttavia, sono talmente rilevanti e rivoluzionarie per la vita cittadina che si decide di pubblicizzarle non solo con i consueti bandi pubblici ma anche affiggendo una lapide, ancora visibile sulla facciata di Palazzo Pubblico.
Maura Martellucci
Roberto Cresti
Roberto Cresti