Si celebra oggi, per la settima volta, la ripresa del Capodanno Senese, in occasione dell’Annunciazione. Una ricorrenza storica che nasce nella tradizione più profonda di Siena e riportata in auge con il forte intervento del Magistrato delle Contrade. La città si veste a festa, quindi, ricoprendosi dei vessilli delle sue Contrade e preparandosi per l’inteso pomeriggio di celebrazioni culturali e religiose.
Giudicato da alcuni come una futile rievocazione erudita, il significato dell’evento promosso dal Magistrato delle Contrade va ben oltre gli aspetti cerimoniali (peraltro, magnifici, come sempre accade quando Siena ci mette il fascino di cui è capace).
Cosa, dunque, la celebrazione del Capodanno senese si propone di fare?
Innanzi tutto, meditare e onorare, a prescindere dagli aspetti religiosi, la coraggiosa abnegazione di ogni donna che accetta il destino di essere madre: come fece, un giorno, la madre di ciascuno di noi, offrendo il proprio seno al sorgere di una nuova vita. Per questo, la Beata Vergine è la madre di tutte le madri. E, sempre per questo, il giorno dell’Incarnazione è, insieme, l’inizio della salvezza cristiana in cui giustamente si poneva l’inizio dell’anno, ma anche la festa della Madre.
Lo è, con assai maggior diritto, rispetto alla Festa (commerciale) della Mamma.
Nel caso poi di Siena, se il 15 agosto la città celebra il trionfo della Sua Regina, il 25 marzo ne deve celebrare l’umiltà, che, nella gioia del Magnificat, le fa proclamare:
“Quia respexit humilitatem ancillae suae”.
Una Regina mite, ma ferma nell’ammonire dal trono su cui siede in maestà, circondata da una corte celeste, i reggitori della sua città:
“Ma talor veggio chi per proprio stato,/ disprezza me e la mia terra inganna/ e quei che parla peggio è più ascoltato./ Guardi colui cui questo dir condanna.”
Sono le parole (inusualmente forti) che si leggono nel fregio sotto il capolavoro di Simone Martini, e che ne fanno, non solo un’immagine devozionale, ma anche (e, forse, soprattutto) un manifesto politico.
Se la Maestà di Simone Martini rappresenta il governo celeste di Maria Santissima, poco distante nelle sale di palazzo pubblico un altro capolavoro, quello di Ambrogio Lorenzetti, riprende un tema politico cruciale: come costruire l’Unità, su cui fondare il Buon Governo; e la Pace.
“Questa santa virtù laddove regge, induce all’unità gli animi molti.”
La santa virtù è la Giustizia, che regge una sorta di catena di comando destinata, infine, a produrre: “…ogni civile effetto: utile, necessario e di diletto.”
Eppure, anche la Giustizia da sola non basta. E’ necessario che la Sapienza, sotto la forma di una creatura alata, la sovrasti e la ispiri.
I due affreschi sembrano così stabilire un dialogo tra la Terra e il Cielo, per ricercare un punto più alto, verso il quale sollevare lo sguardo, distogliendolo, anche per un attimo, dalla mischia della lotta politica.
Ecco il programma di oggi, che si concluderà con la lectio magistralis del cardinale maltese Prosper Grech.