Il 31 agosto del 1866, con una deliberazione di Consiglio, il ”
Comune di Siena cedé all’Amministrazione provinciale l’uso dei fabbricati dell’Istituto di Belle Arti e della Pinacoteca, nonché l’amministrazione di essi, con la sola clausola che qualora la Provincia non intendesse continuare ad interessarsi di questi Istituti, o qualora la Pinacoteca fosse rivolta ad altro scopo o venisse trasferita, tutto dovesse ritornare al Comune sensa obbligo in esso di corrispondere alcun compenso». Questo è l’antefatto di una delle tante opere (intelligenti) compiute da Fabio Bargagli Petrucci. In Podestà, il 2 dicembre 1927, presenta una dettagliata relazione al Ministero per l’Istruzione Pubblica, relativa al trasferimento della Pinacoteca dai locali attuali al Palazzo Buonsignori. Dopo aver ripercorso i principali avvenimenti che avevano contribuito al formarsi dell’ingente patrimonio artistico, conseguentemente ai «provvedimenti di soppressione dei Conventi […]», ricorda che con testamento olografo del 24 marzo 1904 il patrizio senese «Niccolò Buonsignori, morto il 4 marzo 1915, legò all’Amministrazione Provinciale di Siena un Palazzo di sua proprietà», posto in via San Pietro, all’epoca a tutti «notissimo per la sua elegante facciata, […] sebbene ricostruita quasi totalmente nel 1848». Secondo la volontà del testatore questo edificio era stato donato alla Provincia di Siena che «lo cederà all’Accademia di Belle Arti, con l’obbligo alla medesima di ridurlo a Museo o Pinacoteca», disponendo poi che se entro il termine stabilito di cinque anni «non fosse stata data esecuzione a questa sua volontà, detto Palazzo dovesse tornare col resto del patrimonio della Società di Esecutori di Pie Disposizioni». Da parte sua l’Amministrazione Provinciale aveva accettato il legato e fatto redigere un progetto di riadattamento dall’architetto Bettino Marchetti: il progetto venne «esteso a due casette contigue a Palazzo Buonsignori» e fu approvato dalle due Soprintendenze alle Gallerie di Firenze e dei Monumenti di Siena. Autorizzata l’esecuzione, le spese furono sostenute in parte dalla Provincia e in parte da altri Enti locali, quali la Società di Esecutori di Pie Disposizioni e il Monte dei Paschi. Sempre nella relazione, veniva ricordato come il Comune di Siena, con deliberazione della Giunta del 5 maggio 1925, aveva dato il consenso al trasferimento della Pinacoteca. Bargagli Petrucci ricorda anche che nel frattempo era arrivata al Comune una lettera di «Peleo Bacci, Soprintendente all’Arte Medioevale e Moderna per la Toscana II per richiamare l’attenzione del Comune sugli inconvenienti che il provvedimento della Provincia avrebbe arrecati al prezioso patrimonio artistico senese e per conseguenza allo stesso Comune», collocato in luoghi umidi che avrebbero danneggiato le opere. Pertanto, prosegue, essendo «prossimo a scadere il termine già prorogato per l’esecuzione […] ci affrettammo a far premure […] in merito a sospendere il trasferimento dei quadri che si diceva imminente, facendo anche riserve sull’interpretazione data alla Provincia alla deliberazione 31 agosto 1866 per la quale essa intendeva di avere acquistata la piena e libera proprietà e disponibilità dei fabbricati e delle opere d’arte, a scapito del Comune, proponemmo che si riesaminasse nuovamente la questione» anche perché «ci sembrava che […] si sarebbe potuto dare un diverso e ben più decoroso collocamento alla raccolta delle pitture senesi». Il Bargagli al contempo faceva presente al Ministero che a suo avviso, rispettando la volontà del benefattore, palazzo buonsignori risultava più adatto ad ospitare il «nuovo Museo Archeologico nel Palazzo» da lui legato alla Provincia. Pertanto, proponeva di collocare la «raccolta archeologica al piano terreno del solo Palazzo Buonsignori (circa 10 sale), la raccolta delle stampe, che appartiene al Comune e che il Comune potrebbe dare in deposito, e che fra il 1° ed il 2° piano vengano disposti nelle sale più luminose i dipinti di autori senesi dei secoli XVI, XVII e XVIII […] sparsi in varie sale dell’Istituto di Belle Arti e […] nei magazzini dello stesso Istituto, dove […] naturalmente soffrono e si deteriorano». A conclusione della lunga e particolareggiata relazione, riassumendo le richieste avanzate al primo punto, ovviamente si legge che il Museo Archeologico «sia accolto nel Palazzo Buonsignori, insieme alla serie dei dipinti […] e soddisfacendo così in egual modo la volontà del Testatore», al contempo dichiarandosi certo che «queste proposte […] saranno bene accolte». Ma, di fatto, solo nel dicembre del 1930, dopo altre pastoie burocratiche, ebbe pertanto inizio, a cura di Cesare Brandi, il trasferimento dei dipinti antichi dai locali dell’Istituto di Belle Arti in quelli del Palazzo Buonsignori. Un racconto un po’ lungo oggi, ma vale la pena di raccontare la storia della nostra Pinacoteca, che raccoglie una collezione impressionante di preziose di opere d’arte, con la speranza che sia sempre più valorizzata, fatta conoscere e resa fruibile perchè è uno dei tanti, immensi, tesori che Siena possiede e che deve essere resa un museo moderno e “appetibilile” (scusate il termine ma altro non mi viene ma mi si stringe il cuore a saperlo sottostimato e poco visitato).
Maura Martellucci
Roberto Cresti