Il 7 febbraio 1786 “Gaetano Winter, professore d’oriuoli – ci informa il Pecci- che da lungo tempo dimora, accasato, in questa città, adattò l’orologio (della Torre del Mangia) a suonare dodici tocchi all’oltramontana”. Il Granduca, infatti, aveva stabilito che dal 1° gennaio 1750, tutti gli orologi fossero regolati alla francese dividendo il giorno in 12 ore, mattutine e serali, iniziando il conteggio dalla mezzanotte.
Fino a questa data il conteggio delle ore del giorno aveva inizio un’ora dopo il tramonto, secondo quello che lo stesso Pecci definisce “antico costume italiano”. Prima del 1750 il tempo si basava sulle 24 ore diviso tra diurno e notturno e, logicamente, la durata dell’uno e dell’altro variava dall’inverno all’estate. Ci si basava sui tempi scanditi dalla Chiesa: mattutino (prima dell’alba), ora prima (circa le 6), ora terza (circa le 9), ora sesta (circa le 12), ora nona (circa le 15), il vespro (al tramonto) e la compieta (prima di dormire).
La divisione fissa di 12 ore in 12 ore (come la contemporanea decisione di computare i giorni dell’anno dal 1° gennaio e non più dal 25 marzo) era più pratica (ad esempio: non si dovevano più regolare periodicamente gli orologi sul variare del tramonto) perché restava costante. Ed era molto utile uniformarsi il più possibile con il modo di misurare tempo e giorni con gli altri Paesi (oggi diremmo d’Europa) anche per ciò che riguarda affari e commerci come è facile immaginare.Tuttavia questo sistema venne introdotto in epoche molto diverse anche nelle varie “zone” d’Italia (a Milano, ad esempio, solo nel 1789) e di fatto questo successe in maniera sistematica solo con l’occupazione francese.
Maura Martellucci
Roberto Cresti