Il 2 settembre del 1595 la Compagnia di Santa Caterina in Roma (meglio conosciuta come “Nazione Senese”) parte per un pellegrinaggio al fine di rendere omaggio alla Madonna di Provenzano. Papa Clemente VIII accorda, subito, alla Compagnia questa singolare richiesta anche al fine di consolidare il recente ma sentito culto senese. La fama dell’icona religiosa si era già diffusa a Roma, sia grazie alla Congregazione stessa che ad illustri personaggi senesi che soggiornando nella Congregazione contribuivano a divulgare il racconto dei miracoli compiuti e a far circolare immagini della Madonna. Insomma il 2 settembre, circa cento uomini e venticinque donne si misero in cammino alla volta di Siena sotto la guida di padre Antonio Vannini e del cavalier Francesco Tancredi e con in testa al corteo lo stendardo di Santa Barbara. Si misero in cammino anche persone che, a Roma, avevano ricevuto grazie. Valga per tutti l’esempio del rettore della chiesa di San Simeone, nel rione Ponte: affetto da male incurabile ottiene dall’abate Giulio Petrucci una statua della Madonna di Provenzano. La pone accanto al suo letto ma la malattia avanza. Nelle ultime ore di vita le rivolge un’ultima preghiera e, al mattino, si svegliò risanato. I pellegrini arrivarono a Siena il 7 settembre accolti dall’arcivescovo, da vari delegati e da un rappresentante del granduca (rieccoli i Medici). Arrivati a Porta Romana si unirono alle confraternite senesi, ai bambini vestiti dai padri del Collegio di San Giorgio come i santi della nostra città e le virtù e in processione, tra ali di folla (le cronache parlano addirittura di 60.000 persone) arrivano in Provenzano (non nella chiesa che, proprio in quell’anno, iniziava la sua costruzione) e rendono omaggio all’immagine miracolosa. Questo racconto è fondamentale perché il papa concedeva “permessi” di pellegrinaggi a confraternite solo verso importanti luoghi di culto (Gerusalemme, Loreto, solo per fare due clamorosi esempi), poi numerose reliquie vennero tolte dalle catacombe di San Sebastiano, San Callisto e San Pancrazio per donarle e arricchire al santuario senese che si stava edificando. Venne concessa l’indulgenza plenaria e salvata la vita ad un condannato che seguì la processione fino a Siena. I Medici, per parte loro, concessero la possibilità agli esiliati di rientrare a Siena per quindici giorni per vedere amici, parenti e rendere omaggio alla Madonna. L’icona della Madonna di Provenzano stava, anche così, compiendo la sua azione miracolosa.
Roberto Cresti
Maura Martellucci