Martedì 28 aprile ha concluso il suo cammino terreno Mons. Enrico Furiesi, 98 anni, un prete amatissimo dai senesi, decano del clero dell’Arcidiocesi di Siena, padre, fratello e amico di tanta gente, fedeli cristiani e non. Se n’è andato la sera della vigilia della festa di Santa Caterina, quasi a volersi fare accompagnare da lei in questo ultimissimo tratto del suo cammino. Don Enrico, pur oberato fisicamente dal peso dei suoi anni, è sempre stato vigile e lucidissimo fino quasi alla fine, fino alla notte fra domenica e lunedì, quando per un’accidentale caduta in casa è stato ricoverato per un trauma cranico; da lì il coma e dopo neppure due giorni il trapasso.
In punta di piedi ha vissuto; in punta di piedi se n’è andato. Umile e premuroso ma sempre presente, attento e disponibile con tutti: un servitore garbato e leale della Chiesa, un autentico innamorato di Cristo e del Vangelo.
Nato a Siena nel 1922, dopo gli studi nel Seminario Arcivescovile di San Francesco, interrotti dal passaggio della guerra, dove peraltro visse anche dolorose vicende familiari perdendo parte della sua famiglia durante un bombardamento, fu ordinato prete nel 1947, il 29 giugno, festa dei Santi Pietro e Paolo, dall’Arcivescovo Mario Toccabelli in Cattedrale a Siena. Gli anni giovanili del suo ministero sacerdotale trascorsero fra Radi e Vagliagli; fece poi ritorno in Città come cappellano alla “Clinica Salus” e poi sempre a servizio della diocesi intera, come segretario dell’Arcivescovo, Vicario generale e ultimamente Proposto del Capitolo della Cattedrale. Tanti senesi tuttavia lo ricorderanno sempre come Correttore storico della Nobil Contrada del Bruco, incarico che ha svolto per quasi quarant’anni, fino al 2013.
dE infatti, insieme a tantissima altra gente, sarà proprio il suo Bruco a piangerne in maniera particolare la scomparsa; il suo amato Bruco, che nonostante ormai Monsignore raramente si facesse vedere in Via del Comune, gli ha sempre dimostrato affetto e riconoscenza per il tanto bene che ha fatto in Contrada.
Garbato e gentile con tutti, forte e vigoroso nella fede. Lascia un grande vuoto che sarà difficile colmare: perché non sono più tempi questi da eroi gentili, come lo è stato don Enrico, anche nella tribolazione e nella sofferenza. In un periodo così avverso, nel quale neppure la doverosa partecipazione all’ultimo saluto di una persona amata è possibile, dispiace di non rendergli il dovuto omaggio che indubbiamente sarebbe stato corale; ma chissà che Monsignore stesso non abbia pensato anche a questo, per poter lasciare la scena con discrezione, così come ha condotto i lunghi anni della sua feconda vita.
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