Era il secolo scorso. Molto tempo fa. Prima che venisse utilizzato dall’Università come aula didattica, e dagli studenti come spazio per graffiti. Il reparto Conolly ospitò dal 23 marzo al 17 aprile 1998 una straordinaria mostra delle sculture di Vittorio Corsini. Si intitolava CORPO FRAGILE, e nonostante il titolo, rappresentava ancor di più – secondo me – le anime fragili dei pazienti, ricoverati a lungo in quelle celle. Talvolta a tempo indeterminato.
Riportiamo almeno i titoli, i nomi, i contenuti, i messaggi, gli urli, le preghiere di quei corpi fragili. LETTO BLU, CUORE MALATO, DA FUORI, RESIDUO SECCO, STRUMENTI, CAMICI, CUORI SCARSI, FIORI BLU.
E’ abbastanza difficile per chi ha masticato innumerevoli libri, trattati, enciclopedie sulla malattia mentale e sulla cura dei malati, trovare delle definizioni e delle rappresentazioni più significative, di che cosa era il manicomio. Il manicomio nelle sue manifestazioni più crudeli, ancorché allora necessarie, era quello che questo straordinario artista ha saputo rappresentare. La fragilità delle anime perse dentro un cubicolo. Un cubicolo si. Parola desueta, fuori moda, non certo virale. Ma che nel dizionario viene spiegata e definita come “cella da ergastolano”.
Grazie Vittorio Corsini.
Non sarebbe male ripartire da lì. Il corpo di tutti noi è oggi, fragile. Il corpo è sempre fragile. E’ a rischio di contagio, di malattia e talvolta anche di morte. Dobbiamo per forza ripartire. I figli devono tornare a scuola, i genitori al lavoro. E torneremo tutti, per forza, migliorati.
Costante Vasconetto