È la Valdichiana la Fruit valley della Toscana. A consacrarla così è stata la stessa Coldiretti che, in occasione della vendemmia delle mele, ricorda come più di un meleto su due, circa 400 ettari, si trovi proprio in Valdichiana, dove la diga di Montedoglio ha assicurato l’acqua necessaria a sostenere il regolare processo vegetativo delle piante. Quella della raccolta delle mele, che rimane il più consumato sulle tavole degli italiani, è una stagione in chiaroscuro ma che in Toscana è in risalita dopo aver perso un milione di piante negli ultimi dieci anni. “La produzione di quest’anno dovrebbe aggirarsi tra i 160 ed i 170 mila quintali, in linea con le ultime due annate e per fortuna molto distante da quelle siccitose del 2021 e del 2023. Ad influenzare quello che poteva essere un raccolto ancora più abbondante di quello che i produttori metteranno nei cassoni è stato lo stress idrico provocato alle piante dal grande caldo di fine giugno ed inizio luglio che ha ridotto la pezzatura dei frutti” fanno sapere da Coldiretti.
“L’andamento climatico è diventato sempre più decisivo per i raccolti. È una variante imprevedibile che gioca un ruolo cruciale nella salute delle colture ma anche nella diffusione di molte malattie e parassiti come la cimice asiatica per la frutticoltura. E l’agricoltura è sicuramente il settore più esposto a questi rischi ma anche il più impegnato nel contrastarli con risorse destinate sulla sostenibilità e alla difesa in campo delle produzioni – spiega Letizia Cesani, Presidente Coldiretti Toscana –. La melicoltura è sicuramente dei settori, nelle nostre campagne, più orientato all’innovazione ma anche tra quelli che deve recuperare competitiva e redditività. Dopo una lunga fase di difficoltà in cui sono andati persi o convertiti in altre colture centinaia di ettari di terreni, stiamo assistendo ad un nuovo slancio di questa coltura grazie agli investimenti di tanti giovani e donne che hanno realizzato impianti più razionali e all’avanguardia dotati di reti anti-grandine ed irrigazione di soccorso per difendere le piante ed i frutti da questi eventi atmosferici che possono essere potenzialmente devastanti. Investimenti che hanno riguardato anche la trasformazione: molte di queste aziende, a fianco del prodotto fresco, producono succhi e sidri di mela destinati alla vendita diretta e ai mercati contadini come quelli di Campagna Amica”.
Tornando alle mele della Valdichiana, queste sono un po’ più piccole ma si presentano belle e sane. Una valutazione che in realtà accomuna un po’ tutti i meleti sparsi nel resto della regione. Ad incidere sul raccolto in corso è stata nel momento cruciale della maturazione del frutto lo stress idrico provocato dalle alte temperature estive in un momento della stagione in cui c’era bisogno di più escursione termica tra il giorno e la notte. Tra i fattori chiave per chi è riuscito a portare a casa un buon raccolto la possibilità di attivare l’irrigazione di soccorso e la presenza degli ombreggianti per riparare le piante da scottature e grandine.
La mela è il frutto, tra i cosiddetti “polposi”, più diffuso in Toscana con 700 ettari seguito da susine (402 ettari), pesche (379 ettari), pere (369 ettari) e albicocche (180 ettari). A fianco delle varietà più richieste dal mercato – golden, fuji, gala, stayman – gli agricoltori toscani stanno rilanciando con successo alcune delle cultivar antiche soppiantate negli anni dalla varietà “spinte” dalla grande distribuzione che privilegiano le grandi quantità e la standarizzazione dell’offerta. Sono tredici le varietà di mele inserite nella lista dei Prodotti Agricoli Tradizionali salvate dai contadini custodi. Tra i più noti ci sono la pesca regina di Londa nell’alto Mugello e la mela rotella della Lunigiana, dalla senese mela roggiola alla mela rugginosa della Valdichiana che deve il suo nome alla sua particolare colorazione, dalla mela muso di Bue che si coltiva nei pascoli di Zeri alla mela nesta conosciuta fin dai tempi dei romani alla mela binotto apuana.
“Le logiche dell’omologazione e del profitto a discapito dell’autenticità, della territorialità e della storia delle varietà autoctone stanno uccidendo quella stessa biodiversità che ha reso la nostra regione quello che è oggi dal punto di vista agroalimentare, ambientale, storico e turistico – conclude la presidente di Coldiretti Toscana, Letizia Cesani -. La nostra rete di Campagna Amica ha proprio lo scopo di facilitare l’incontro tra i nostri produttori, che riscoprono e coltivano tante varietà autoctone ed i consumatori. Per salvare queste produzioni dobbiamo tornare a portarle in tavola”.