Alfieri

Gli esecutori del gioco della bandiera, in coppia scindevano l’aria con gli svèntoli; col baratto incrociavano al volo le bandiere; col mulinello le facevan vorticare; con accavallature e ancalene se ne fasciavano i corpi partendo dal basso, dopo il lancio dello sganascino e la presa sottogamba; infine l’alzata le scagliava in su, per essere raccolte al volo afferrando il fondo dell’asta.

Questi figuranti portavano lo stesso nome del poeta che ammirato ne seguiva il gioco con occhio aulico: Alfieri.

Egli era capitato la prima volta a Siena nel 1777, apparendovi con uno sfoggio di otto cavalli di sua proprietà. Da allora il poeta si era legato alla città con un profondo amore che mai deperiva, alimentato com’era dal sentimento di amicizia che univa lui a un gruppo di eccellenti senesi, tra i quali l’amico più caro al suo cuore: Francesco Gori Gandellini.

Vittorio Alfieri, che amava i cavalli non meno degli uomini, anzi di più – fatta eccezione per i prediletti amici e per la sua donna -, soleva percorrere nottetempo in groppa a una delle sue bestie elette l’anello malagevole, scosceso ma glorioso del Campo, in solitaria cavalcata.

L’uomo che odiava la tirannide e amava la Poesia, la Libertà, i cavalli, Siena e la solitudine, nell’agosto del 1783 stava assistendo alla corsa del Palio con animo ardente e teso agli avvenimenti. Una carriera tumultuosa, succisa di cavalli scossi gli riempiva lo sguardo e lo spirito. Il severo poeta che correva il periglio di rinminchionirsi sulle carte e sulle reiterate letture, ora scioglieva le redini al proprio temperamento combattivo e impaziente nel patema purificatore dell’agone paliesco.

Quello stesso giorno e il successivo, forse nella quiete degli orti retrostanti la casa dell’amico Francesco in Pantaneto, Alfieri rianimava nella cadenza dei versi endecasillabi di due sonetti la corsa sconvolgente cui aveva partecipato pur senza cavalcare. E insieme alle zampe della cavalla Orizia, dal nome virgiliano tratto dall’Eneide che lui stesso aveva tradotta, ancora gli rutilavano negli occhi le bandiere degli alfieri.

Testo: Andrea Laiolo

Illustrazione: Riccardo Manganelli

Andrea Laiolo nasce ad Asti nel 1971. Si laurea con una tesi sulla valenza scenica del verso alfieriano, vincitrice del Premio Alfieri nel 1999. La sua prima silloge poetica è del 2004, seguita da altre, le ultime delle quali sono Aurea Ora (Bertoni 2021) e Nella schiusa rosa dei venti (Controluna, 2023) che contiene anche testi di Mario Marchisio e Bartolomeo Smaldone; ha inoltre pubblicato testi teatrali e vari interventi saggistici. Del 2022 è I figli del mattino (Readaction Editrice), raccolta di racconti ispirati agli antichi pittori della Scuola Senese e alle loro opere: il più recente pannello appartenente a un lavoro letterario che ha avuto fin dall’inizio la città del Palio tra i suoi principali oggetti, e già sfociato in una raccolta poetica interamente dedicata: La città della Festa, Achille & La Tartaruga, 2016)