Ali d’angelo contro il Parkinson: il dispositivo unico al mondo arriva alla Pubblica Assistenza di Siena

“Ali d’angelo” per contrastare il morbo di Parkinson: il dispositivo unico al mondo, brevettato dai due fratelli senesi ingegneri biomedici Luca Valerio ed Enrico Matteo Messa, arriva alla Pubblica Assistenza di Siena.

Alla stessa associazione, e allo studio fisioterapico della Pubblica Assistenza di Poggibonsi, sono stati ceduti gratuitamente due modelli di Angel’s Wing da parte dell’associazione Siena Parkinson odv(link qui). L’innovativo apparecchio verrà utilizzato nelle sedute di fisioterapia a favore di quanti sono affetti dalla malattia e di tutti coloro che potranno trarne beneficio. I fisioterapisti avranno una formazione adeguata da parte degli stessi progettisti.

Stamani il meccanismo è stato presentato della sede della Pubblica Assistenza di Siena e poi si sono svolte delle prove pratiche. “Per noi fondamentale che i pazienti affetti escano allo scoperto e inizino fin da subito le attività che, secondo numerosi studi, sono determinanti per il loro benessere motorio – ricorda la presidente Sara Giannini-. Questa è un opportunità. E a livello regionale siamo tra i primi ad avere questo dispositivo. Un altro è attivo alla Pubblica Assistenza di Poggibonsi. Poi ce ne sono all’ospedale di Campostaggia e a Grosseto. Ma in generale, questi strumenti sono presenti solo in alcune strutture pubbliche e non sono diffusi nei centri fisioterapici tradizionali. Quindi Siena guarda avanti. Ci poniamo come capofila di un progetto che potrebbe essere esteso a livello regionale”.

Almeno 2500 persone in provincia sono iscritti all’associazione Siena Parkinson. “Eppure, la nostra associazione conta solo 60 soci, di cui circa la metà sono familiari: mogli, mariti, figli. Quindi, in realtà, siamo ancora pochi – rileva la presidente Marinella Bonucci -. Molti, purtroppo, quando ricevono la diagnosi, non ne parlano. Si vergognano. È assurdo, ma succede. E invece sarebbe importante parlarne subito: serve prima di tutto a noi stessi, per accettare la malattia. I primi due anni sono durissimi: non si dorme più, ci si sente smarriti. Poi, pian piano, si ritrova un certo equilibrio. È un periodo che chiamiamo “luna di miele”, in cui si riesce ancora a vivere una vita attiva, lavorare, viaggiare… ma la malattia è lì. È degenerativa, e questo significa che con il tempo peggiora – aggiunge-. E quando iniziano i sintomi più evidenti, spesso è già tardi per intervenire in modo efficace”.

“Le medicine all’inizio funzionano, alleviano i sintomi – prosegue-. Ma col tempo arrivano anche gli effetti collaterali. E allora non possiamo basarci solo sui farmaci. Dobbiamo affiancare alle cure mediche anche altre attività: ginnastica, attività ludiche, sociali. Perché se ogni aspetto della nostra vita diventa “una medicina”, allora non viviamo più. Anche la ginnastica, se non la rendiamo coinvolgente e varia, rischia di essere vissuta come un obbligo, un altro farmaco da prendere. E invece no. Dobbiamo farla diventare un momento di vita, non solo di cura”.