
Al primo gennaio del 2024 in Toscana all’appello mancano 345 medici di base, con la platea che si è ridotta dell’11,5% in quattro anni, dal 2019 al 2023. La media degli assistiti per dottori è invece di 1380.
L’istantanea sul settore la scatta la Fondazione Gimbe. Ma a dare più dettagli sulla situazione nella nostra Asl ci pensa Maurizio Pozzi, presidente dalla Cooperativa Medici 2000 e segretario locale della Federazione italiana medici di famiglia.
“In passato contavamo circa 610-620 medici sul territorio, ma oggi siamo scesi sotto la soglia critica dei 500 – afferma-. Il numero è in continua diminuzione, poiché molti professionisti nati tra il 1954 e il 1957, che hanno rappresentato un’importante fascia di ingresso nella medicina generale, andranno in pensione nei prossimi anni. Nonostante questa situazione, abbiamo svolto un ruolo fondamentale, spesso senza ricevere il giusto riconoscimento, e talvolta persino subendo critiche. Ci siamo fatti carico di assistere comunque i pazienti, il che ha comportato un aumento del numero di assistiti per ciascun medico – prosegue-. Abbiamo sottoscritto un accordo che consente di innalzare il massimale fino a 1.+800 pazienti per medico. Tuttavia, in alcune situazioni, alcuni professionisti hanno raggiunto anche quota 2200, rendendo necessario un intervento correttivo. In particolare, nella zona sud-est, ci troviamo a dover coprire pazienti privi di medico, poiché in alcune aree tutti i professionisti disponibili hanno già raggiunto il limite di 1800 assistiti. Per affrontare questa emergenza, abbiamo siglato un accordo temporaneo che prevede l’assistenza di questi pazienti attraverso un’attività oraria, in attesa dell’arrivo di nuovi medici selezionati tramite il bando annuale”.
Alla crisi dei numeri la politica intende rispondere con una riforma radicale, con il passaggio dalla libera professione alla dipendenza dei medici di base. Scettico Pozzi: “Abbiamo il vantaggio di aver inquadrato una figura professionale dedicata alla presa in carico del paziente, che lo segue nei suoi bisogni di salute, nel contesto familiare e nel suo percorso, adattandosi ai cambiamenti che possono avvenire nel tempo – spiega-. Questa figura non solo fornisce assistenza medica, ma rappresenta anche un punto di riferimento stabile e affidabile. Diverso è il discorso di un professionista che lavora solo a ore o a prestazione, un modello che non risponde in modo adeguato alle esigenze di questi pazienti. È su questo aspetto che dovremmo concentrarci. Il modello adottato, in particolare in provincia di Siena, ha permesso di ampliare la presa in carico grazie alla collaborazione di altre figure professionali, migliorando così la qualità del servizio – spiega ancora -. Cartabellotta ha colto perfettamente questo concetto quando ha sottolineato l’importanza di partire dall’analisi dei dati e dei bisogni reali per definire il modello più adatto, evitando approcci rigidi e poco mirati”.