Il 14 febbraio 1452 nasce Pandolfo Petrucci, principale protagonista della vita politica della città dell’ultimo Quattrocento. Nato da una famiglia di ricchi mercanti del Monte dei Nove, sposa Aurelia Borghesi, figlia di Niccolò Borghesi. Il matrimonio gli spiana la strada del potere, salvo, alcuni anni dopo, essere proprio lui il principale indiziato dell’uccisione del suocero che gli era ormai di intralcio. Pandolfo Petrucci, figura controversa e cinica, quasi una raffigurazione in scena del Principe di Nicolò Machiavelli (che, infatti, non casualmente, lo conosceva e lo apprezzava), pensa in grande. Vuole avvalorare la sua persona di signore e il ruolo di Siena, entrando in scontro con altre personalità di spicco, quale Cesare Borgia e stringendo un legame solido con Luigi XII di Francia che, infatti, salverà Pandolfo all’indomani dei fatti conosciuti come congiura della Magione contro il Valentino.
Con Firenze intrattiene rapporti stretti, ma fin quando questi non entrano in contrasto con gli interessi di Siena. Sarà un importante bastone fra le ruote di Firenze quando questa vorrà insignorirsi di Pisa, ricambiato dalla città amica/rivale che, per parte sua, non cesserà un momento di sovvenzionare e sostenere i fuorusciti anti-petrucciani.
E’ un gruppo di famiglie con queste ambizioni a dar vita al colpo di Stato che il 22 luglio 1487 porta all’occupazione delle istituzioni. Un Monte (i Nove) ma con propaggini e connessioni in persone afferenti ad altro raggruppamento familiare-politico (c’è anche il cardinale Piccolomini che, di famiglia nobile, afferisce al Monte del Popolo). Sono loro a forzare le porte cittadine e a impadronirsi della città nel giorno della Maddalena. E sarà dal seno di questa compagine che emergerà (ma in seguito! Non fin dall’inizio: in modo determinante non prima del 1495) la personalità di Pandolfo Petrucci che, memore del giorno in cui tutto è cominciato, lo farà poi celebrare ogni anno con un palio (sempre quello alla lunga) in onore proprio di Santa Maria Maddalena.
Il nuovo gruppo di potere riceverà la benedizione del papa, di Firenze (i Noveschi erano sempre stati legati alla città guelfa), di Lucca, del duca d’Urbino, dei signori di Bologna, Ferrara e Mantova, di Giangaleazzo Sforza, di Venezia e una pletora di signorie minori. Una cosa che legittima anche a livello nazionale il nuovo regime. La sua signoria è diversa da quelle che caratterizzano l’Italia dei suo tempi, perché, nonostante fosse l’uomo politicamente più potente di Siena, non toccò (almeno formalmente) le istituzioni repubblicane, anche se, in realtà, esercitò su di esse un controllo totale. Uomo pragmatico, sapeva, infatti, scegliersi i collaboratori, anche fra quelli che gli erano o gli erano stati oppositori.
E con le Contrade che c’entra Petrucci? C’entra qualcosa, il colpo di Stato che nel 1487? Qualche studioso l’ha ipotizzato e l’ipotesi potrebbe anche avere qualche (tutto però ancora da verificare) fondamento. E’ vero che la festa è la prosecuzione della politica con altri mezzi e quindi potremmo immaginare il Magnifico signore di Siena –come lo chiamavano– direttamente o indirettamente impegnato a far crescere l’apparato associativo-ludico che, forse, poteva servire anche a decomprimere la rissosità dell’associazionismo politico. Ed è altrettanto vero che nel periodo di preminenza della famiglia, non lui, ma altri suoi parenti e consanguinei faranno del Palio (quello alla lunga, con i cavalli dei privati) uno strumento di contatto diplomatico con altre personalità eminenti italiane (i Medici, i Borgia, i Gonzaga…). C’è un ‘investimento’ politico, una costruzione di consenso anche attraverso le antenate delle Contrade? Forse. Chissà. Da questo punto di vista la storia della fase aurorale delle Contrade aspetta ancora di essere indagata a fondo. Pandolfo muore nel 1512 e la sua eredità viene raccolta da discendenti non proprio all’altezza della sua intelligente spregiudicatezza. L’epilogo si ha nel 1524 con la cacciata da Siena del suo ultimo discendente, Fabio.
Maura Martellucci
Roberto Cresti