Sempre più bocche da sfamare ma meno coltivazioni e raccolti: è lo scenario che rischia di paventarsi in futuro se continua a diminuire il numero di insetti impollinatori. A tratteggiarlo è stato Massimo Nepi, docente associato di biologia vegetale dell’Università di Siena, che ha evidenziato le significative riduzioni nel numero di api e farfalle. Il professore ha parlato oggi in occasione della giornata mondiale della terra. Ed ha citato dati emersi da studi europei per dare una cornice a questo declino: negli ultimi venticinque anni in alcune delle zone continentali si è assistito ad una riduzione del 75% della biomassa degli insetti. “Questo vuol dire che gli insetti si stanno riducendo fortemente sia come specie che come individui all’interno delle popolazioni. E tra questi ci sono anche gli impollinatori”, ha spiegato. Ad essere danneggiata è la nostra biodiversità. “L’impatto maggiore nell’uomo riguarda le piante coltivate – ha continuato -. Più di un terzo di esse devono essere impollinate e quindi c’è un grande rischio per la sicurezza alimentare”. Avere dati sulla situazione in Italia e nel nostro territorio non è così scontato. Gli studi sono pochi e frammentati. La realtà qui da noi non è così negativa anche se, come logico, minore è la presenza d’impollinatori nelle aree dove l’impatto dell’uomo, con aree industriali, strade ed altre infrastrutture, si è fatto sentire di più. “Credo però che ci sia molto ancora da conoscere perché questi argomenti sono purtroppo sottovalutati – ha aggiunto il professore – . Dobbiamo capire che però gli effetti di faranno sentire in futuro”.