Siena

Archè si racconta: “Vittima di caporalato da 20 anni, adesso può finalmente riscattarsi dalle ingiustizie subite”

Il Consorzio Archè si racconta, attraverso Siena News: le cooperative sociali che accompagnano letteralmente le persone lungo l’intero percorso della vita, hanno molto da dire e altrettanto da trasmettere. La cooperativa sociale ha un ruolo importante nell’aiuto alle persone svantaggiate ma la ricchezza delle stesse cooperative deriva dalle storie degli individui che ne fanno parte. Ecco perché abbiamo deciso di proporre ai nostri lettori qualcosa di nuovo rispetto a sempre, qualcosa che non va mai oltre la realtà e che a volte non ha un lieto fine ma che di sicuro, non ci lascia mai come prima che leggessimo queste storie. Ecco il nostro modo per augurarvi Buone Feste!

Da due decadi si trova nel nostro Paese e per quasi tutto il tempo è rimasto prigioniero della piaga del capolarato. Adesso però Kalidou (il nome è di fantasia ndr.) sembra essere riuscito a trovare uno spiraglio di luce dopo anni di buio.  “Lui è scappato dalla povertà assoluta, ed è stato sfruttato da alcuni nostri connazionali sia in Puglia che in Calabria. Ora però si trova qui con noi ed è felicissimo”. A raccontare la sua vicenda personale è Piero Morini, responsabile legale della cooperativa il Santo, un’azienda agricola che gestisce l’omonimo podere che si trova a Monteriggioni.  Kalidou sta vivendo il suo ultimo periodo di detenzione e, come misura alternativa per il reinserimento nella società,  partecipa al progetto che Il Santo ha messo in piedi con il Ministero della Giustizia. “La sua storia è emblematica. Da quando si trova nel Belpaese ha sempre provato a mettersi in regola”, ma “è stato continuamente ‘fregato'”, questa la testimonianza di Morini. “Quando lavorava nel settore edile, a seguito di un suo infortunio, fu addirittura abbandonato alle porte di un ospedale dal suo datore che poi si è dato ‘ alla macchia’”.  Persone come Kalidou, per Morini, “purtroppo finiscono nella grinfie della criminalità”, anche se “lui è tutt’altro che un criminale”, è invece “una persona buona che ha sempre dimostrato entusiasmo nel lavorare nella nostra azienda ed ha sempre voluto riscattare il suo trascorso fatto di anni di sfruttamento”. Ora però si intravede il lieto fine di questa vicenda burrascosa. “Siamo impegnati a fargli riottenere i documenti, offrirgli una prospettiva nuova e dare un senso alla sua permanenza in Italia – continua Morini-. Cerchiamo di rimediare alle ingiustizie che ha subito. La vera scommessa è trovare il modo di garantirgli anche una propria autonomia. Questo è l’obiettivo della cooperazione sociale: non dobbiamo dare risposte ‘in eterno’, ma cercare anche di fare uscire dal nido e far muovere le persone con le proprie gambe”.

 

marco crimi

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marco crimi

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