Da 10326 a 7765: si traduce in un meno 2561 unità ed in un meno 24,8% , in un periodo che va dal 2012 al 2023, l’addio dell’artigianato alla provincia di Siena. Numeri allarmanti, diffusi dalla Cgia di Mestre, che evidenziano una tendenza da invertire perché se il cambio di rotta non ci fosse, avverte l’associazione, “entro una decina d’anni sarà molto difficile trovare un idraulico, un fabbro, un elettricista o un serramentista in grado di eseguire un intervento”. L’analisi della Cgia è condotta sui dati di Inps e di Unioncamere. Pesano nel conto delle botteghe chiuse, viene spiegato, anche la “svalutazione culturale” che ha subito il lavoro manuale da parte dei giovani, una mancata programmazione formativa ed un’incapacità di elevare la qualità dell’orientamento scolastico. Non tutti però sentono la crisi. Dati in controtendenza si registrano per il settore del benessere e dell’informatica: acconciatori, estetisti, addetti al web marketing ed esperti in social media. L’ultimo allarme dell’associazione veneta verte sul tema della sicurezza: saracinesche abbassate equivalgono a città più insicure. Vetrine sporche e insegne rimosse sono  “un segnale del peggioramento della qualità della vita di molte realtà urbane”. Tra le cause delle chiusure, appunto, “l’invecchiamento della popolazione artigiana” e l'”insufficiente ricambio generazionale”. Ma anche, secondo la Cgia, la “feroce concorrenza esercitata dalla grande distribuzione e in questi ultimi anni anche dal commercio elettronico, il boom del costo degli affitti e delle tasse”
MC