Oltre alle degustazioni, Wine&Siena è da sempre un luogo dove approfondire i temi di attualità del mondo vinicolo italiano.
Dopo il convegno di Banca Monte dei Paschi con i principali consorzi toscani e la Fondazione Qualivita che si è tenuto venerdì a Rocca Salimbeni, il Santa Maria della Scala ha ospitato una tavola rotonda che ha aperto gli appuntamenti del cartellone “Respiro e grido della Terra”. Si è parlato di “Climate change, come salvare le produzioni vinicole italiane ad alto rischio”. Al centro della discussione le teorie apocalittiche del climatologo americano Lee Hannah e i possibili rimedi. Il talk, in diretta tv e in streaming sulle piattaforme social, ha visto la partecipazione dalla Cappella del Manto di Helmuth Köcher che da cinque anni cerca di sensibilizzare il comparto sulle sfide che ci aspettano, con Simone Bastianoni, ordinario di Chimica dell’Ambiente e dei Beni Culturali dell’Università di Siena, coordinatore della Scuola di Dottorato in Scienze Ambientali, Geologiche e Polari e Delegato del Rettore per la Sostenibilità.
Collegati da remoto hanno dato il proprio contributo: Paolo Storchi Dirigente di Ricerca del Crea – Viticoltura ed Enologia (Masaf, il Ministero Agricoltura, Sovranità Alimentare e Foreste) e membro dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino; Giulio Somma, direttore responsabile del Corriere Vinicolo, settimanale dell’Unione Italiana Vini (oltre 700 aziende associate che rappresentano più di 50% del fatturato italiano e l’85% dell’export di vino); Massimo Aiello, presidente di Aires, il primo contratto di rete per la bioeconomia che mette insieme utilities e centri di ricerca italiani.
Uno studio profetico di Lee Hannah del Conservation International del Betty and Gordon Moore Center for Ecosystem Science and Economics di Arlington (Virginia), sosteneva, dieci anni fa, che zone come Bordeaux o la Toscana diventeranno troppo calde. Un aumento medio di 2 gradi centigradi porterebbe alla distruzione delle attuali aree più vocate in Italia e in Francia, fino al 73% del totale. Lui pensava al 2050. Come ha spiegato il professor Bastianoni, i dati disponibili più attuali sono addirittura peggiori delle previsioni di Hannah: “le proiezioni ci dicono che al 2050 la temperatura media potrebbe salire di 2,7-3 gradi Celsius, rendendo difficile immaginare in Italia una viticoltura come la vediamo adesso”.
“L’aumento delle temperature e la carenza di precipitazioni hanno pesanti ripercussioni sulla produttività delle viti, sulla sanità e qualità delle uve raccolte – Helmuth Köcher, The WineHunter e patron del Merano Wine Festival – Alcuni vitigni, più sensibili ai cambiamenti climatici, rischiano di essere spazzati via dalle loro zone classiche di produzione”.
Fra i vitigni più sensibili c’è il Sangiovese e, come individuato da Hannah e recentemente confermato da uno studio dell’Istituto Nazionale di Ricerca su Agricoltura, Alimentazione e Ambiente di Bordeaux (Inrae), fra i territori altamente vocati più esposti ci sono la Borgogna e la Toscana.
“Non necessariamente dovremo rinunciare ai nostri vitigni storici – ha detto Paolo Storchi – Ci sono speranze legate alla selezione di cloni e portainnesti più resilienti e adatti alla siccità. Oppure pratiche agricole, come l’irrigazione sostenibile, che possono aiutare. Certo non dovremo farci cogliere impreparati”.
Un aiuto potrebbe arrivare dalle innovazioni prodotte dalla transizione ecologica. Il professor Simone Bastianoni ha spiegato come i primi esperimenti sull’agrivoltaico (una vigna parzialmente coperta da pannelli fotovoltaici) “dimostrano dati incoraggianti con una riduzione delle temperature, soprattutto nei pericolosi momenti di picco, di circa 2 gradi e di ben 3 al suolo”. Annullando così parte degli effetti negativi previsti da qui al 2050.
“In Francia stanno già sperimentando la vigna fotovoltaica – ha spiegato Helmuth Köcher – A Bordeaux, dopo studi iniziati nel 2009, hanno già introdotto nei loro disciplinari sei nuovi vitigni per sostituire gli attuali, nel caso le nefaste previsioni possano avverarsi”.