Correva l’anno 1554 e Siena si trovava sotto l’assedio Fiorentino, giorni estenuanti e dolorosi che videro il popolo senese portare avanti un’ardua resistenza. La Francia, fedele alleata, affidò la difesa e la direzione delle truppe Ghibelline al militare Biagio di Montluc, il quale condusse la resistenza di questo focoso popolo con onore, fin quando la fame e gli stenti provocati dalla ferma delle provviste da parte dell’esercito nemico, non costrinsero Siena alla resa. Egli, una volta tornato in patria, volle raccontare le sue imprese militari in alcuni scritti, dei diari di guerra chiamati ” Commentari “, in cui vennero redatti dei veri e propri consigli per chi volesse intraprendere la carriera bellica e, tra questi, Montluc sentì l’impellente bisogno di raccontare il suo curioso e ambivalente rapporto con le donne incontrate nelle sue numerose campagne.
Diciamocelo, le volte in cui si è sentito (s)parlare delle donne sono innumerevoli, sempre tacciate di essere così abili nel ” ricamo ” da far invidia ai migliori parolieri della storia, così bellamente avvezze al pettegolezzo, così dolci nel loro tessere intricate trame, da venir sempre raccontate come diavole tentatrici, capaci di offendere e lenire al tempo stesso.
” Un altro vizio dal quale guardarsi è l’amore delle donne.
Non vi intricate in quelle, perché sono il contrario di buono. “
Così egli scrive nei suoi “Commentari”, a proposito del popolo femminile. Sì, perché tra i vari vezzi che possono distrarre un buon soldato, oltre al gioco e al bere, vi è proprio l’immischiare una donna nei propri affari, poiché ella è ciò che più può portare alla rovina di un uomo. Montluc non parla solo di quanto una donna possa sviare un militare dai propri doveri, ma descrive anche le situazioni in cui esse posso portare ad impelagarsi, i litigi e i duelli a cui possono facilmente condurre un uomo soggiogato dal loro amore e racconta di amicizie distrutte a causa di queste bestie fameliche. Egli critica aspramente la condotta di quelli che si son lasciati soggiogare da loro, tanto quanto esprime il proprio risentimento verso i sovrani che hanno permesso alle dame di sparlare e spettegolare alla luce del sole, perché la loro bocca doveva essere chiusa o dovevano essere invitate a condurre i loro dialoghi frivoli nelle loro stanze, lontane dai messeri del tempo che si son fatti addirittura uccidere, per colpa delle donne.
Di queste dame, portatrici di sventura, Montluc ne salva una particolare categoria, donne fregiate di ben altre qualità che lui rammenta con nostalgia. Le donne Senesi, per l’appunto, albergano nella memoria di Montluc e occupano un posto d’onore nei suoi ricordi e nei suoi scritti, ove lui ne parla ampiamente nella pagina intitolata “Lode alle donne Senesi”. Il militare parla di incredibili gentildonne e cittadine, fiere e cariche d’onore, elogiandone le doti e il loro partecipare attivamente alla difesa dell’amata Siena, organizzandosi in vere e proprie compagnie al femminile.
Esse si divisero in tre parti: una capeggiata da Laudomia Forteguerri e le dame facenti parte della sua schiera, vestivano tutte di viola, con un abito corto da mostrare la mezza gamba. Di raso vestite, invece, erano le donne appartenenti alla compagnia della signora Piccolomini, mentre la signora Livia Fausti capeggiava quelle vestite di bianco. Monluc narra di incredibili imprese, parla di donne coraggiose che si prestavano alla difesa munite di armi rudimentali come picconi e bastoni e ogni sera, tornavano con onore alle loro case, svolgendo i propri affari da donne di casa. Tra queste, una sconosciuta viene menzionata per aver condotto un’impresa commuovente quanto coraggiosa. Poiché egli stesso ordinò di non sottrarsi al turno di guardia per alcuna ragione al mondo, ella sostituì il fratello ammalato per tutto il giorno, vestendo da militare e passando inosservata, fin quando non fu ricondotta a casa con le dovute onoranze che un gesto del genere meritava.
In una sua successiva campagna militare a Roma, Montluc ricorderà nuovamente l’ardore delle donne senesi, rivolgendosi ai suoi soldati per spronarli, con un elogio di esse, dichiarando apertamente che sarebbe tornato volentieri a difendere Siena, con solo le donne senesi!
Oggi, a pensarci bene, non è così difficile ritrovare quei forti ideali e quel coraggio che muovevano le donne delle compagnie Senesi. Li rivediamo nella meticolosità delle bandieraie di contrada, nell’impegno di quelle donne che si chiudono nelle cucine e servono cene settimanali a più di cento persone, in quelle che corrono da una parte all’altra per far godere la vita di contrada ai loro figli, nel canto di quelle che salutano le comparse che sfilano nel Casato, prima di entrare in Piazza. Troviamo quel coraggio in tutte quelle donne che ” tienimi l’orologio, dopo ci so i cazzotti! ” e loro lo costudiscono come un tesoro prezioso. Il Palio è un gioco da uomini, ma Siena, signori miei, è più Donna di quanto si pensi.
Arianna Falchi
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