Bellicosi, polemici e irriverenti. Aggettivi fastidiosi, forse, ma falcimente attribuibili a quei leggendari personaggi che si sono fatti ricordare nella storia senese per le loro imprese o, come in questo caso, per le loro parole. Bartolomeo Carosi nasce a Petroio nel 1486, era figlio di contadini e anche lui, seppur contro voglia, sembrava dovesse dedicare la sua intera esistenza alla lavorazione della terra. Era raro vederlo zappare, preferiva trascorrere le sue giornate con dissolutezza, ubriacandosi, giocando e dedicandosi alle donne, anche dopo aver sposato tale Cecca ed essersi trasferito a Montefollonico, lontano dalla famiglia natale.
In quel luogo sembrava ancor più facile lasciarsi andare alle tentazioni della carne, lontano dagli occhi severi del padre e dagli obblighi lavorativi ai quali la famiglia tentava di farlo adempiere, senza successo. E’ così che trascorse i suoi primi trentotto anni, fin quando la provvidenza ( divina? ) decise di sbattergli letteralmente contro, proprio durante quel tanto odiato lavoro. Zappando la terra, una scheggia gli finì violentemente addosso, ferendogli l’occhio e la testa. Fu la tradita moglie a soccorrerlo e ad assisterlo durante la degenza, giorni difficili e dolorosi che Bartolomeo interpretò come monito di Dio e, al termine della sua guarigione, in lui era avvenuto un pronfondo cambiamento spirituale, il quale lo avvicinò così tanto a Dio da convincerlo ad abbandonare la peccaminosa vita di sempre, per dedicarsi anima e corpo alla parola del Signore. Lasciò qualsiasi bene materiale (famiglia compresa) e si trasferì entro le mura di Siena, vestendosi di stracci logori che gli comportarono il soprannome di Brandano.
Egli non solo trascorreva le sue giornate tra i mendicanti e gli ammalati, ma esortava i cittadini a difendere la propria libertà, profetizzando l’imminente caduta della Repubblica con frasi in rima e con atteggiamenti spesso violenti che gli valsero l’ennesimo epiteto Il Pazzo di Cristo. Amato e odiato, Brandano iniziò ad avere un vero e proprio seguito di discepoli, eventi che spinsero l’allora sovrano spagnolo Don Diego di Mendoza ad esiliarlo, allontanandolo dalla sua amata Siena. Egli vagò in lungo e in largo, toccando il nord Italia e la Francia, fin quando non giunse a Roma e si accanì con ardore contro il Papa fiorentino Clemente VII (Giulio de’ Medici). Questo sua lotta gli costò la galera a più riprese, fin quando il Papa non ordinò di farlo chiudere in un sacco e di affogarlo nel Tevere, impresa che non solo risultò vana, ma che alimentò ancor di più la ferrea fede del profeta, il quale ne uscì prodigiosamente vivo. Predisse il sacco di Roma e, con soddisfazione, anche la dipartita del Papa con la frase “Non più Medici, tutti sani”, annunciandola a Siena prima ancora che da Roma ne giungesse notizia.
Morì a Siena nel 1554, pochi mesi prima che la sua profezia sulla tragica capitolazione della Repubblica si avverasse e i suoi resti furono dispersi, così come lui stesso aveva richiesto.
Tra le frasi celebri e ricordate tutt’ora dai Senesi affezionati alla sua figura, ne troviamo una in particolare, poche parole che al tempo potevano sembrare prive di significato ma, a quanto pare, la lungimiranza di Brandano era giunta fino ai giorni nostri:
“Quando le carrozze andran senza cavalli, il mondo sarà pieno di travagli”.
Arianna Falchi