È stato pubblicato sulla prestigiosa rivista “Science of the Total Environment” lo studio “Animal conflicts escalate in a warmer world” di Niccolò Fattorini, Sandro Lovari, Sara Franceschi, studiosi dell’Università di Siena, insieme a ricercatori di altri atenei. La collaborazione, guidata da zoologi dell’Ateneo di Siena e del National Biodiversity Future Center, ha fornito evidenze su come l’aumento di aggressività all’interno delle società animali possa configurarsi come una nuova risposta comportamentale al riscaldamento globale.
“In molte specie animali gli individui competono per l’accesso alle risorse alimentari, e spesso questa competizione può verificarsi attraverso il comportamento aggressivo – spiegano i Ricercatori -. Ci siamo chiesti se l’attuale cambiamento climatico, attraverso i suoi effetti sulla crescita della vegetazione, provocati dall’aumento di temperatura e alterazione della piovosità, possa indirettamente intensificare i conflitti per l’accesso alle risorse da parte di mammiferi erbivori. Abbiamo quindi preso in esame il camoscio appenninico, un erbivoro a rischio di estinzione che abita le alte quote, ambienti particolarmente sensibili al cambiamento climatico”.
I risultati della ricerca, che per la prima volta ha indagato questi meccanismi nel Regno animale, mostrano come l’aumento della temperatura e la diminuzione delle piogge durante il periodo estivo inneschino, nei giorni successivi, un aumento di frequenza e intensità delle interazioni aggressive tra le femmine di camoscio per l’accesso alle fonti di cibo.
“Nel nostro caso – proseguono i Ricercatori – il meccanismo è indiretto: l’aumento di temperatura e la diminuzione della piovosità riducono la disponibilità e la qualità delle risorse alimentari per il camoscio, provocando di conseguenza interazioni aggressive più frequenti ed intense tra gli individui. I nostri risultati supportano quindi la teoria ecologica che prevede che l’aggressività aumenti nei casi in cui le risorse alimentari diventino meno abbondanti”.
Un meccanismo comparabile è stato ipotizzato anche da alcuni studi che hanno analizzato i conflitti umani nel corso della storia, suggerendo un aumento dei conflitti bellici per l’acquisizione delle risorse divenute più scarse a causa del cambiamento climatico. Le simulazioni sviluppate nello studio, coerenti con gli scenari di previsione del riscaldamento globale, prevedono per il camoscio un aumento dell’aggressività pari al 50% nei prossimi 60 anni.
“Tuttavia – affermano i Ricercatori – al momento non siamo ancora in grado di affermare se risposte comportamentali di questo genere si diffonderanno con l’attuale cambiamento climatico o se resteranno piuttosto localizzate, poiché gli effetti potrebbero differire da specie a specie, e tra le diverse aree geografiche del pianeta”.
Negli ultimi decenni, gli studi in natura sulle risposte ecologiche e comportamentali degli animali selvatici ai cambiamenti climatici si sono moltiplicati, ma i possibili effetti sull’aggressività erano ancora ignoti. Questo studio apre nuove prospettive per indagare i meccanismi che influenzano le modalità e il grado di competizione nelle specie animali, con implicazioni per la ricerca etologica e per la conservazione della biodiversità.
La pubblicazione è disponibile online all’indirizzo: www.sciencedirect.com.
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