“Quando curi una malattia puoi vincere o perdere, quando ti prendi cura di una persona vinci sempre” così recita una celebre frase del film dedicato a Patch Adams. Una frase che hanno fatto propria anche i medici, gli infermieri, gli operatori che si sono presi cura di Patrizia durante la malattia.
Due anni di calvario, in cui suo marito Paolo e suo fratello Roberto non l’hanno mai lasciata. Ma hanno incontrato fin da subito il sostegno e il supporto morale dei medici che si sono presi cura della giovane donna, cercando, laddove una guarigione non era più possibile, di accompagnarla nel modo meno doloroso verso la fine.
Il marito definisce quei dottori “Veri e propri angeli. Devo ringraziare il dottor Nepi, il dottor Lanfredini, il dottor Sodi e la dottoressa Falsetta.”
Dal momento in cui, a Milano, viene detto alla famiglia di Patrizia che non c’è più niente da fare, vivere si trasforma nella paura di un momento ineluttabile, ma anche nella ritrovata importanza per ogni attimo. Persino il più piccolo gesto acquista solennità perché potrebbe essere l’ultimo. E se ad andarsene è una sorella come per Roberto o la compagna di vita e moglie da ventinove anni come per Paolo, allora si fa di tutto per non perdersi più nulla.
Anche a questo serve l’hospice, dove Patrizia ha trascorso i suoi ultimi tre mesi di vita. Certo ad avere ogni sostegno necessario, da quello medico a quello infermieristico a quello psicologico, ma anche a poter trascorrere quei momenti con le persone che si amano di più. All’hospice infatti c’è la possibilità per i familiari, di pernottare con il parente ricoverato, di poter stare con lui 24 ore su 24.
E’proprio all’hospice di Campostaggia, a Poggibonsi, in provincia di Siena, che Paolo e Roberto vogliono esprimere una profonda gratitudine: a tutti coloro che lavorano lì, a tutto il personale, va la riconoscenza per aver accudito Patrizia con grande dolcezza. e anche per il sostegno offerto a loro, nei momenti più bui della malattia. “Abbiamo deciso infatti di chiedere, sin dal funerale, donazioni, anziché fiori, per l’hospice. Oggi stiamo continuando a raccogliere fondi per la struttura che in quei mesi è stata una casa, una famiglia”.