Egregia signora Maria Vittoria Brambilla, le scrivo questa lettera aperta con la speranza e la certezza che lei la legga e si senta libera, se lo riterrà opportuno, di rispondere come e quando vuole.
Tutti ormai conoscono lo spiacevole incidente accaduto durante la prova e il tragico epilogo della corsa, conclusasi con la morte del “nostro” cavallo (e dico “nostro” perchè sono della Contrada della Chiocciola); una vicenda che ha sinceramente addolorato la città e ancor di più la mia Contrada.
Tutte le volte che leggo un suo intervento, non so mai se ridere o prenderla sul serio; tante volte ho provato a capire la ragione del suo accanimento contro la nostra festa: gelosia? , rancore?, “fervor Dei”?, ma alla fine l’unica spiegazione che mi do è quella che, forse, se non continuasse a sputare sentenze, si sentirebbe “invisibile”, come appunto mi sembra il turismo oggi (ah, dimenticavo che lei ne è il ministro!).
Vede signora Brambilla, lei non sa (e spero se ne vanti) cosa sia in realtà il Palio di Siena, possiamo passare per ridicoli o sciocchi quando piangiamo, ci disperiamo o ci azzuffiamo tra “nemici” di contrade avversarie, ma è inspiegabile quello che sentiamo dentro: lo stomaco brontola, il cuore salta in gola, le gambe tremano e gli occhi luccicano ed è solo per passione (una passione fortemente legata a questa festa e al cavallo) che non cercherò certo di fargliela conoscere perché rischierei solamente di perdere altro tempo, una festa che, non sarà intoccabile, ma è vera ed è nostra! Ma chi non è di Siena non lo comprende e per fortuna o purtroppo lei non è senese!
Ho riso quando lei ha detto : “Questa non è la realtà italiana che vogliamo far conoscere al mondo…”, credo che in primis sia arrivata un po’ tardi, dato che sono secoli che la nostra festa esiste ed in secundis si chiama “Palio di Siena” proprio perchè nato nella nostra città , sennò si sarebbe chiamato “Palio dell’Italia” e con ciò non voglio dire che anche italiani e stranieri non ne devono godere (mi auguro che questa spiegazione sia stata vana) e so per certo che il mondo conosce benissimo le altre realtà italiane, che sono ben più gravi.
Quello che voglio dire, cara signora, è che non ci serve la sua indulgenza o scomunica e sopratutto non ci serve la sua costante denigrazione e se proprio vogliamo fare “l’animalista” non deve ignorare le realtà degli ippodromi, dei canili e allevamenti, realtà vecchie e conosciute da tutti.
Chiudo questa mia, con l’augurio che trovi la forza e la volontà che le serve per continuare a svolgere il suo importante e impegnativo lavoro politico.
Rispettosamente, le porgo i miei saluti.
Jacopo Marchi
Un senese