Uno spiraglio e la volontà di rimettersi in gioco nonostante tutto. Parte da qui il desiderio di un gruppo di detenuti di Santo Spirito che stanno partecipando ad un ambizioso progetto che ha come obiettivo quello di avere una struttura per l’inserimento dopo la detenzione.
Di questo avevano parlato con il vescovo e un libero professionista prima che il Covid bloccasse tutto e per questo cercavano appoggi con persone (commercianti, artigiani, studenti, responsabili di cooperative, eccetera) che del carcere non conoscono nulla e spesso ne hanno paura. Dallo scorso marzo tutto chiuso e poi lentamente il progetto è ripartito e naturalmente il gruppo è in parte cambiato e diminuito sensibilmente di numero per mantenere le dovute distanze durante gli incontri del sabato mattina.
Non sarà più possibile guardare in faccia le persone che a suo tempo erano state invitate e allora come fare? La voce si può far sentire anche tramite la scrittura e così hanno scelto di affidare i loro desideri, speranze e aspirazioni alla carta e ad una penna. La prima persona a cui si sono rivolti è stato proprio il vescovo Augusto Paolo Lojudice. Una breve missiva nella quale ribadiscono quanto già gli era stato detto sette mesi fa. Un periodo lungo e lo diventa ancora di più per quanti sono in carcere e non possono abbracciare i loro familiari.
I mezzi messi a disposizione dalla direzione di Santo Spirito hanno in parte alleviato la pesantezza e la tristezza di 210 giorni lontano da tutto e tutti, ma non è bastato.
Nonostante le difficoltà il progetto inserito nella scrittura collettiva e i passi già fatti e quelli che verranno saranno raccontati in un diario. Uno spiraglio per toccare con mano il progetto, sì ambizioso, ma fattibile se quanti stanno oltre le sbarre lo volessero. Un sogno? A volte i sogni si possono avverare.
Cecilia Marzotti