Un tetto ed un lavoro: in questo modo don Domenico Poeta ha provato a dare la sua risposta al caso pakistani a Siena, che da qualche mese a questa parte ha generato un vivo dibattito tra forze politiche, istituzioni del territorio e non solo. Nell’ultimo periodo la nostra città ha infatti dovuto fronteggiare l’arrivo di un numero consistente di esseri umani che si ritrovavano senza un tetto a sostare in aree pubbliche come parcheggi e zone verdi. Proprio quest’ultima criticità aveva spinto a luglio il sindaco Luigi De Mossi a firmare un’ordinanza anti-bivacco, provvedimento che vieta alle persone di bivaccare e sdraiarsi su suolo pubblico, panchine e aree giochi riservate ai bambini negli spazi pubblici.
Dal canto suo p
Don Domenico si occupa di questi fenomeni sin dai primi anni ’90 quando a Monticiano si trovò a fronteggiare i flussi migratori dall’Albania. “Queste persone – spiega il prelato in riferimento ai flussi migratori da Pakistan, Bangladesh e Sri Lanka – arrivano direttamente da Trieste dove approdano dopo il lungo viaggio dai loro paesi di origine. Tendenzialmente si può dire che scelgono Siena grazie al tam-tam che arriva fino nei loro paesi. Nei loro paesi, infatti, arriva il messaggio che nella nostra città c’è possibilità di lavorare, ed in effetti queste persone hanno riempito un vuoto di posti di lavoro nelle cucine, nei campi, nelle cooperative sociali e nelle aziende”.
“Nell’ultimo periodo si è fatta molta confusione – insiste don Domenico – con i partiti si sono fronteggiati parlando di presunto decoro e facendo ordinanze. La realtà è che queste persone si trovavano a dormire in posti particolari, come la stazione o fuori porta San Marco, zone non adibite al pernottamento, per così dire. È assolutamente comprensibile che chi si trovi a passare di là durante la notte si impressioni e si spaventi, ed è inutile negarlo. In questo senso non posso non sottoscrivere il pensiero del nostro vescovo che si auspica che un giorno saremo in grado di governare questi flussi”. “La soluzione migliore – aggiunge – sarebbe riuscire a non creare concentrazioni altissime, che sono quelle che più intimoriscono, ma spalmare in piccoli gruppi di massimo 10 o 15 persone in più centri sparsi sul territorio. Dopodiché dovremmo riuscire a far passare, sfruttando il loro stesso tam-tam, il messaggio che Siena può ospitare solo un numero massimo di persone e che oltre quello non c’è più posto”.
“Proprio per finanziare questi progetti – conclude la Searle – portiamo avanti iniziative come quelle del 5 novembre, dove festeggeremo la Fiesta de los muertos, celebrando una cultura diversa rispetto alle nostre (quella messicana). In questo modo riusciamo ad aiutare i ragazzi ospitati dallla parrocchia nei loro bisogni”.
Emanuele Giorgi
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