La preoccupazione per le sorti del nostro Paese ‘Con la crisi del 2008 – ha continuato Ceccuzzi – è finita un’epoca ed un modo di concepire lo sviluppo così come lo avevamo conosciuto dal dopoguerra fino ad oggi. Una linea ascendente di crescita che consentiva di ridistribuire ricchezza fondata sul debito e sullo sfruttamento indiscriminato delle risorse ambientali. Oggi questo mondo non c’è più, mentre un mondo nuovo non è ancora cominciato. La manifestazione di oggi è ormai condivisa da molti di più di coloro che hanno avuto il merito di promuoverla. Cittadini, lavoratori, professionisti, operai, ma anche lavoratori autonomi, statali e imprenditori. Tutti accomunati da una profonda preoccupazione per le sorti del nostro paese che trova qualche momento di sollievo nella parole del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, costretto da mesi e suo malgrado, ad esercitare la funzione di governo che certo la Costituzione non gli attribuisce ma che non di meno può rimanere vacante di fronte all’attacco all’Euro che rischia di travolgere moneta unica e debito pubblico di diversi stati. Questa manovra non dà alcuna speranza ai giovani in cerca di lavoro, ai precari che non sanno se continueranno a mantenere il proprio posto di lavoro, alle giovani generazioni che tra qualche giorno rientreranno nelle aule scolastiche in una situazione che definire disastrata è sicuramente troppo poco’.
La manovra colpisce il mondo del lavoro ‘Questa manovra – ha sottolineato Ceccuzzi – colpisce innanzitutto il mondo del lavoro, le famiglie a reddito medio e basso. La modifica dell?articolo 8 del provvedimento, fa saltare, di fatto, il contratto nazionale e lo statuto dei lavoratori, declassandoli a contratti aziendali, a trattative sindacali territoriali, costruite caso per caso, lavoratore per lavoratore. E’ la polverizzazione dei diritti dei lavoratori, proprio in un momento in cui tutto il mondo del lavoro avrebbe bisogno di leggi chiare e condivise su scala nazionale e non di micro poteri territoriali’.
Intervenire sui costi della politica e sul riassetto istituzionale ‘E’ fondamentale – ha continuato Ceccuzzi – portare avanti, in modo efficace e non demagogico, la battaglia sui costi della politica, riducendo il numero dei parlamentari e cambiando le funzioni del Senato per arrivare ad una Camera con 400 deputati e un senato federale. Dobbiamo poi allineare l’Italia alla media delle retribuzioni europee, aumentare la trasparenza sui servizi offerti e sulle spese di Camera e Senato, ridurre all’essenziale l’uso delle ‘auto blu’, e sancire la totale incompatibilità dell’incarico di parlamentari con qualsiasi altro incarico. Questo governo, inoltre, ha buttato al vento tante occasioni, come quella del federalismo fiscale, un intervento essenziale per i Comuni, oggi vessati da tagli lineari e dal patto di stabilità e per migliorare il lavoro della pubblica amministrazione. E’ sempre più urgente, poi, la riorganizzazione e la ristrutturazione dell’assetto istituzionale, centrale e territoriale e delle pubbliche amministrazioni. Interventi che vadano a snellire gli organi di rappresentanza e di governo, accorpino degli uffici periferici dello Stato, riducano le società partecipate da Regioni, Province e Comuni, accorpino o sopprimano enti inutili, unificando quelli che esercitano funzioni che si prestano ad essere meglio esercitate in forma unitaria’.
Il taglio delle Province ‘Serve – ha proseguito Ceccuzzi – per perseguire in maniera lungimirante e razionale un percorso di riforma delle istituzioni, non lasciarsi abbagliare da alcune illusioni. Come quella dell’abolizione del taglio delle Province o dei piccoli comuni, tema che, spesso con molta superficialità, ha tenuto banco per tutta l’estate. Una cosa, infatti, è discutere sull’utilità di alcune delle 110 province nate soprattutto di recente, un’altra è mettere in discussione enti che, come nel caso di Siena o Grosseto, rappresentano non solo una dimensione minima di sistema economico territoriale, ma anche un’identità e una capacità concreta di intervenire nel governo del territorio, agendo sulla competitività e sulla capacità di effettuare scelte di area vasta. Il dato del risparmio economico, con il taglio delle province, poi, è frutto di un abbaglio demagogico. Oggi, solo l’uno per centro della spesa pubblica, che ammonta ad 800 miliardi, sarebbe risparmiato con il taglio tout court delle amministrazioni provinciali’.
No all’aumento dell’Iva, sì alla patrimoniale ‘Sono favorevole – ha detto Ceccuzzi – ad un ‘attaccoconsistente ai capitali scudati, nell’ordine del 15 20 per cento, come avviene nel resto d’Europa, mentre in Italia sono rientrati 100 miliardi tassati al 5 per cento. Così come va contrastato con decisione ogni innalzamento dell’Iva che andrebbe a colpire ulteriormente la capacità di spesa delle famiglie e il potere d’acquisto, già indebolito, delle fasce più deboli. Un danno all’economia di cui risentirebbero intere comparti produttivi come il commercio ed il turismo. Penso piuttosto che sia giusto inserire una patrimoniale ordinaria sui beni immobili a partire da valori molto elevati e dovrebbe poi essere pensata una seria riforma del welfare all’interno del quale inserire anche il tema delle pensioni, che non possono essere utilizzate per emergenze di spesa senza rientrare in un ragionamento più ampio sul sistema sociale. L’Italia avrebbe bisogno di crescere, attraverso il sostegno allo sviluppo locale, l’investimento e l’erogazione di servizi fondamentali, dal sociale all’istruzione fino alla sanità. Proprio in campo sanitario la Regione Toscana, ha saputo dare un segnale forte, rifiutando l’idea che il ticket venisse applicato per tutti i cittadini allo stesso modo, al di là delle condizioni effettive. C’è bisogno davvero – ha concluso il sindaco di Siena – di una contromanovra che intervenga in modo preciso e stimoli la crescita, orientando le risorse di cui il Paese è ancora a disposizione prima di tutto verso quei cittadini, quelle famiglie, quei lavoratori e quelle imprese che portano i segni più gravi della crisi.
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