Nel volume il sociologo Luigi Manconi (che presiede l´associazione A Buon Diritto) e la ricercatrice Valentina Calderoni ascoltano, raccolgono e portano alla luce storie di persone, spesso giovani, che entrano nelle carceri, nelle caserme e nei reparti psichiatrici e ne escono morte.
“I temi trattati dai due autori – ha commentato la parlamentare del Pd, Susanna Cenni – meritano grande attenzione, anche se dobbiamo tristemente constatare che il carcere e la condizione dei detenuti non solo non appassiona, ma viene addirittura percepita con fastidio. Al contrario credo che occuparsi dei nostri istituti di pena e fare vista alle carceri sia un atto educativo. In questi anni, sono stata in carcere varie volte, la prima l’8 marzo all’interno di un istituto penitenziario femminile e non dimenticherò mai il suono metallico delle porte che si chiudevano. Fu esperienza drammatica constatare la difficile condizione dei detenuti. Negli anni la situazione è addirittura peggiorata, come dimostra, anche nel nostro territorio, la realtà di Ranza”. “L´istituto – continua Cenni -vive gravi disagi dovuti alla carenza di personale, stimata oggi intorno al 40% di quello previsto – a fronte di una pianta organica di 233 unità sono solo 135 i lavoratori- al sovraffollamento dei detenuti, che sono circa il doppio del livello tollerabile, e a una serie di problematiche ancora irrisolte di carattere ambientale e igienico sanitarie. Una situazione che non può più essere tollerata, per questo abbiamo il dovere di raccontare, ricordare, chiedere risposte al Governo e fare piena luce su quelle morti che il libro fotografa molto bene”.
Sull’istituto di pena di San Gimignano è intervenuto anche Giacomo Bassi, primo cittadino della città turrita. “Nei due anni di mandato amministrativo- spiega Bassi – mi sono occupato molto spesso della situazione del carcere di Ranza. Un viaggio all’inferno per l’infelice ubicazione e per le problematiche legate alla mancanza di una direzione stabile. In 5 anni, infatti, l’istituto ha visto alternarsi ben sei direttori che hanno aggravato la situazione di disagio vissuta quotidianamente da detenuti e agenti. Abbiamo cercato, anche attraverso l’aiuto dei nostri parlamentari come Susanna Cenni, di sollecitare interventi urgenti da parte del Governo, ma dal Ministero non sono mai arrivate risposte. C’è un alone di silenzio che occorre abbattere affinché si possa ricostruire una cultura dei diritti”.
L´attualità, la drammaticità della situazione e la finalità pubblica e, dunque, politica degli interventi di formazione e rieducazione nel sistema giudiziario italiano sono stati sottolineati anche dalle parole di Daniela Lastri, consigliere regionale del Pd. “La situazione – conclude la Lastri- rischia di diventare esplosiva. Occorre fare di più nel campo della formazione e dell’inserimento lavorativo dei detenuti, in modo da dare il senso della prospettiva e del futuro anche e soprattutto all’interno delle carceri minorili. A Firenze, per esempio, abbiamo sperimentato un progetto di mediazione penale, che arriva dalla Francia e che ha permesso ai giovani detenuti di portare a termine un percorso di formazione e presa di coscienza del reato. Un progetto che per dare risultati deve avere continuità e quindi trovare risorse. Ma i tagli hanno reso impossibile offrire alla popolazione detenuta gli strumenti culturali per umanizzare di più se stessi rispetto alla condizione disumana in cui vivono”.
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