Chiude un altro negozio del centro storico. Con il Prenatal se ne vanno anche i ricordi di una generazione.
“Gnamo, si va il Prenatal!”
E te già ti sentivi in preda all’emozione, pronto a immergerti in quel rimestìo di colori e oggetti strani quali passeggini e ciucci di varie forme e consistenze. Insomma, al nido non eri nessuno senza il ciucciotto del Prenatal. Da Piazza Tolomei, non facevi in tempo a scendere al fianco della chiesa che subito ti veniva da stringere la mano della mamma, vedevi le luci del negozio e l’odore di bambino e salviettine umidificate ti entrava di prepotenza nelle narici: potevi avere anche qualche anno di troppo, ma dentro al Prenatal si tornava piccini, sempre e comunque. Se alzavi gli occhi, forse ti capitava di vedere la stessa sensazione nel viso dei tuoi genitori, che magari quella poesia l’avevano un po’ persa… Ma il sapore dell’esser piccoli, non si scorda mai.
Poi sei cresciuto e allora, per chi ne aveva bisogno, iniziava la caccia al grembiule più ‘ganzo’. Blu per i maschietti, bianco per le femminucce, a quadrettini, tinta unita, con le toppe da attaccare con il ferro da stiro: il tuo primo vero outfit, ma che ne sanno le fashion blogger! Arrivavo a scuola con il tuo grembiulino firmato Prenatal ed eri il re del mondo, qualcuno avrebbe facilmente barattato il suo succo di frutta alla pera per averne uno simile… Ma tu, solo tu, ti sentivi speciale.
Poi sei cresciuto dell’altro. Allora il Prenatal lo guardavi da fuori, perché era difficile entrare in quelle deliziose salopette di jeans che la mamma ti metteva corredate dal calzino col bavero e il sandalino con l’occhio. Magari passavi veloce e ti ci cadeva l’occhio, ti veniva un coccolo e a pensare all’enorme quantità di anni passati ma sorridevi. Sorridevi lo stesso.
Allora, in quel caso, al Prenatal ci andavi per una cosa ancora più ganza: a comprà il ciuccio, a vittoria di Palio!
Arianna Falchi