Ho conosciuto Sandro Civai 52 anni or sono. Giunto a Siena per iscrivermi a Giurisprudenza, ed essendo imparentato con le titolari della Libreria Ticci (le signore Anna a Paola Giubbi), ebbi la possibilità di frequentare quella vecchia “bottega” allora in Banchi di Sopra, di cui avevo sentito parlare fin da bambino dal mio compianto babbo che, fin dal dopoguerra, ogni tanto, veniva a trovare i suoi cugini senesi. Fu naturale che, appena diciottenne, cercassi di inserirmi in un tessuto cittadino del tutto nuovo, in una Città che, già allora, mi apparve caratterizzata dalla sua incommensurabile bellezza, e da una Festa unica al mondo: entrare in Libreria è stato dunque, per me, il primo approccio alla Città. Ed è proprio lì che ho conosciuto Sandro, con cui instaurai subito un rapporto di affettuosa amicizia, anche perché, volendo arrotondare le magrissime tasche di studente fuori sede, colsi l’opportunità di dare una mano, ricevendone in cambio, i manuali per studiare, qualche soldo, e qualche graditissimo invito al pranzo domenicale. La mente torna soprattutto alle giornate densissime dell’apertura delle scuole, alle lunghe file di genitori e figli in coda per ritirare i libri, ma soprattutto al periodo successivo durante il quale occorreva procedere con le “rese” agli editori dei libri invenduti, alla preparazione di quei voluminosissimi scatoloni che Sandro ed io – essendo gli “uomini” dell’ambiente – eravamo “costretti” a portare dal piano di sopra a quello stradale per consegnarli al corriere di turno. Furono due anni – fino al 1974 – ai quali, spesso e volentieri, riandavamo insieme con la memoria quando capitava di incontrarci in città o nella Libreria Senese: la “bottega” che insieme a Marina Pasquinuzzi, proprio 50 anni or sono, dimostrando grande coraggio e spirito imprenditoriale, avevano aperto, così ampliando un’ulteriore offerta culturale alla città. L’ultimo volta l’ho incontrato in Piazza del Duomo. E dopo avermi apostrofato, come sempre, col suo affettuoso “Oh Giovannino”, ci siamo a lungo abbracciati. Un abbraccio in cui c’era quell’antica amicizia che aveva segnato i miei primi anni di studente e di cittadino senese.
Giovanni Minnucci
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