Classi pollaio e posti di lavoro a rischio. La Cgil denuncia gli effetti del dimensionamento scolastico nel senese

“La complessità demografica del territorio senese rende particolarmente delicato intervenire sul sistema scolastico e comporta una maggiore attenzione. Il dimensionamento della rete scolastica comporterebbe classi pollaio, aumento dell’abbandono scolastico e metterebbe a rischio posti di lavoro”. Questo è quanto sostiene la Federazione lavoratori della conoscenza Cgil Siena, che questa mattina ha illustrato alla stampa i risultati di uno studio portato avanti proprio sulla nostra provincia.

“La misura del dimensionamento della rete scolastica, introdotta in legge di bilancio, va calata nel contesto del nostro territorio se se ne vogliono davvero comprendere le possibili conseguenze – sostiene il sindacato -. La provincia di Siena, infatti, è la seconda, per estensione, della regione Toscana. E la penultima in termini di densità di popolazione, due elementi che rendono indubbiamente la nostra provincia quella con un maggior grado di complessità nella nostra Regione. Anche la distribuzione della popolazione residente non è omogenea. Se suddividiamo la provincia in 4 aree, Amiata e Val d’Orcia, Alta Val d’Elsa, Val di Chiana, Senese, e andiamo a guardare la distribuzione della popolazione per aree, ci accorgiamo che l’area maggiormente in sofferenza è senz’altro l’area Amiata-Val d’Orcia. A seguire troviamo i Comuni dell’area senese, escluso Siena, e la Valdichiana senese. La distribuzione della popolazione scolastica segue lo stesso andamento: essa si concentra maggiormente in alta Val d’Elsa e nel Comune di Siena. La popolazione scolastica risente anche del calo demografico: negli ultimi tre anni sono diminuiti sensibilmente gli studenti delle scuole elementari e lievemente quelli della scuola media ma tra qualche anno gli effetti di questo decremento si sentiranno anche nelle scuole superiori. Un altro dato interessante che ci ha fornito la provincia è quello sulla distribuzione degli alunni non italiani che si concentrano principalmente
in Val di Chiana e sull’Amiata-Val d’Orcia. Questo attribuisce a queste aree un ulteriore grado di complessità. Naturalmente le complessità sono risorse se affrontate con i giusti strumenti e le risorse necessarie, diventano problemi se trascurate”.

“Anche sotto il profilo del tasso di abbandono scolastico la situazione non è a mio avviso rosea, soprattutto se andiamo a guardare gli istituti tecnici e professionali dove le percentuali di abbandono toccano punte del 25,5% e 43% rispettivamente – sostiene Anna Cassanelli, segretario generale Flc Cgil Siena -. Infine, sempre grazie ai dati forniti dalla Provincia abbiamo esaminato il fenomeno del pendolarismo. Gli studenti in entrata superano, fortunatamente, quelli in uscita, ma è interessante osservare che gli studenti in ingresso vengono principalmente da Firenze, e sono quindi accolti nelle scuole dell’Alta Val d’Elsa, mentre gli studenti in uscita migrano per la maggior parte verso la provincia di Arezzo, che confina con la Val di Chiana senese. Questo è dunque il contesto in cui si inserisce la norma sul dimensionamento delle scuole che, ricordo, prevede che le scuole, per poter godere dell’autonomia, quindi avere un Dirigente, un Dsga e una segreteria, dovranno avere in media (media regionale) 900/1000 alunni, senza distinzione tra Comuni montani e non. Gli Istituti comprensivi al di sotto di questa soglia sono attualmente 14 mentre gli istituti superiori 4; in entrambi i casi le scuole si concentrano principalmente nella zona della Val di Chiana e dell’Amiata/Val d’Orcia, mentre i singoli Istituti maggiormente a rischio sono l’IC di San Gimignano, l’IC F. Tozzi di Chianciano e l’IIS Artusi sempre di Chianciano”.

“Per provare a immaginare in che modo potrebbero realizzarsi questi accorpamenti, abbiamo preso in esame l’IIS Artusi di Chianciano che non solo è una scuola già ora sottodimensionata ma si trova anche in Val di Chiana, l’area in cui si registra la più alta percentuale di pendolarismo in uscita, quello verso Arezzo. Sono ormai anni che l’Istituto Artusi si batte affinché gli venga assegnata o costruita una struttura da poter utilizzare come convitto, anche perché a pochi chilometri, nella provincia di Arezzo, c’è un Polo tecnico-professionale dell’Istituto Vegni – Capezzine, dotato anche di convitto, che gli fa una grande concorrenza. La realizzazione di un convitto per l’Artusi, rappresenterebbe sicuramente un investimento che aiuterebbe tutto il territorio della Val di Chiana a perdere meno studenti e, probabilmente, ad attrarne qualcuno in più dalle province limitrofe. Il nostro più grande timore è che invece si scelga di percorrere la strada più comoda procedendo ad accorpamenti scriteriati, tipo la costituzione di un Istituto Omnicomprensivo accorpando l’Artusi con il comprensivo Tozzi di Chianciano, con il solo obiettivo di far tornare la
media regionale”.

“Un altro aspetto che ovviamente ci interessa e ci preoccupa molto come sindacato è l’effetto del dimensionamento sul personale scolastico – prosegue il segretario Flc Cgil -. La riduzione del personale Ata, in caso di accorpamento di due Istituzioni scolastiche, purtroppo non è un’ipotesi ma un fatto oggettivo che dipende dalle tabelle che vengono usate per attribuire l’organico Ata alle scuole, in quanto il numero di personale Ata non cresce in modo direttamente proporzionale al numero degli alunni. Se una scuola di 500 alunni ha 6 collaboratori scolastici, una con 1.000 studenti ne ha 11, quindi non il doppio ma uno in meno. Naturalmente l’organico Ata ogni anno viene incrementato in funzione del grado di complessità dell’Istituto, ma l’adeguamento non è mai sufficiente a coprire le reali esigenze delle scuole ed è realistico e ragionevole pensare che sarà così anche nel caso di un accorpamento di due scuole. Già ora, negli Istituti comprensivi abbiamo una situazione drammatica in cui a stento i Dirigenti riescono a garantire il servizio minimo di apertura, sorveglianza e pulizia a fronte di enormi sacrifici da parte del personale. Anche il personale docente è tutt’altro che al sicuro. I parametri usati per stabilire il numero di classi che ogni anno saranno autorizzate prevedono che il numero minimo di studenti per classe nella scuola dell’infanzia sia 18, come nella scuola media, mentre nella scuola primaria 15. I valori sono medi, questo significa che ci possono essere plessi o classi con un numero di studenti per classe inferiore al numero minimo previsto, perché sono compensati da altri plessi in cui ci sono le tristemente famose classi pollaio”.

“Rispetto a questi numeri, nella nostra provincia noi abbiamo il 28% dei plessi di scuola dell’infanzia con meno di 18 alunni per sezione, il 24% dei plessi di scuola primaria con meno di 15 studenti per classe e il 31% dei plessi di scuola media, con meno di 18 studenti. In un caso di accorpamento tra due Istituti di cui almeno uno ha un plesso con un numero di studenti per classe basso, il rischio che i piccoli numeri siano fagocitati dai grandi numeri è davvero alto con la conseguenza che quando si vanno a fare i conti di quante classi possono essere autorizzate nel nuovo Istituto, una o più classi saltino con perdita di personale docente e rischio di aumento delle classi così dette “pollaio”. Noi siamo consapevoli che mantenere nel piccolo Paesino l’ufficio postale, l’asilo nido, la scuola dell’infanzia, un presidio sanitario, abbia dei costi in termini di personale e in termini di strutture, ma questi costi devono essere visti come investimenti per contrastare lo spopolamento dei territori. Se vogliamo evitare che sempre più Paesi e Comuni diventino luoghi fantasma occorrono politiche lungimiranti di investimenti, a partire dalla scuola, che attirino popolazione residente e, perché no, incentivino anche la natalità – conclude Cassanelli -. Queste politiche devono rientrare in un progetto complessivo di rilancio del nostro Paese e non possono in alcun modo essere delegate alla buona volontà delle Regioni, soprattutto se si parla di Scuola, perché quello all’istruzione è un diritto sancito dalla Costituzione e il Governo ha il dovere di garantirlo in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. Non possiamo in alcun modo permetterci che le Regioni seguano strade diverse su un tema così delicato e cruciale per lo sviluppo del Paese. È per questo che stiamo sostenendo la raccolta firme online contro il processo di Autonomia Differenziata. Per questo lavoro ci tenevo a ringraziare la Provincia di Siena, che ha condiviso con noi lo studio curato da Giulio Petrangeli, contenente i dati dell’Anagrafe Regionale degli Studenti Ars su alcuni macro-indicatori del sistema scolastico provinciale, e il Provveditorato di Siena che ci ha fornito tutti i dati relativi alla distribuzione della popolazione scolastica nei plessi scolastici della provincia”.