Il pane che ha subito processi di surgelazione e congelamento o che contiene additivi chimici e conservanti non potrà essere più venduto per fresco e dovrà obbligatoriamente avere un’etichetta con la scritta “conservato” o a durabilità prolungata. Potrà quindi ora essere denominato “pane fresco” solo il pane preparato secondo un processo di preparazione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento o surgelazione, ad eccezione del rallentamento del processo di lievitazione, privo di additivi conservanti e di altri trattamenti aventi effetto conservante. Per “processo di preparazione continuo” si intende un processo per il quale, dall’inizio della lavorazione alla messa in vendita al consumatore, non trascorrano più di 72 ore.
Sono queste alcune delle prescrizioni contenute nel Decreto 1°ottobre 2018, n.131 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 19 novembre, entrate in vigore il 19 dicembre.
Sono infatti previste norme – precisa la Coldiretti – per il “pane conservato o a durabilità prolungata”, nel caso venga utilizzato un metodo di conservazione ulteriore rispetto ai metodi già sottoposti agli obblighi informativi previsti dalla normativa (ad es. pane precotto surgelato o meno). Per questa tipologia di pane nel momento della vendita deve essere fornita una adeguata informazione, al fine di evitare che il consumatore possa essere indotto in errore, riguardo il metodo di conservazione utilizzato nel processo produttivo nonché le modalità per la sua conservazione ed il consumo, attraverso un’apposita dicitura da riportare sul cartello negli specifici comparti in cui viene collocato, distinti rispetto a quelli in cui viene esitato il pane fresco.
Infine, oltre alle indicazioni sul pane, il Ministero fornisce – continua la Coldiretti – anche una definizione di panificio, ossia “l’impresa che dispone di impianti di produzione di pane ed eventualmente altri prodotti da forno e assimilati o affine e svolge l’intero ciclo di produzione dalla lavorazione delle materie prime alla cottura finale”.
“Il nuovo decreto fa chiarezza sulla denominazione del pane fresco ma – commenta Fabrizio Filippi, presidente di Coldiretti Toscana – resta il problema di prevedere anche per il pane l’etichettatura obbligatoria dell’origine delle farine utilizzate: infatti, solo una etichettatura trasparente può consentire ai consumatori di compiere scelte consapevoli e alle imprese di far emergere il valore distintivo dei prodotti agricoli”.
I consumi di pane degli italiani si sono praticamente dimezzati negli ultimi 10 anni ed hanno raggiunto il minimo storico con appena 80 grammi a testa al giorno per persona, un valore molto lontano da quello dell’Unità d’Italia nel 1861 in cui – ricorda la Coldiretti – si mangiavano ben 1,1 chili di pane a persona al giorno. Con il taglio dei consumi – sottolinea la Coldiretti – si è verificata però una svolta qualitativa con la crescita dell´interesse per il pane biologico e di grani antichi e per quello con contenuti salutistici e ad alto valore nutrizionale: a lunga lievitazione, senza grassi, con poco sale, integrale, a km 0 come il pane realizzato direttamente dai produttori agricoli di campagna amica anche con varietà di grano locali spesso di varietà salvate dall’estinzione.
“Con questo decreto si salvano anche i pani della tradizione popolare italiana tra i quali ben 6 sono stati addirittura riconosciuti dall’Unione Europea tra i quali anche il nostro Pane Toscano. Il Pane Toscano DOP è una tipologia di pane tipica della nostra regione – commenta Antonio De Concilio, direttore di Coldiretti Toscana – riconosciuta con il marchio di denominazione di origine protetta. Ciò che lo contraddistingue maggiormente è il fatto di essere completamente privo di sale e con un sapore della mollica leggermente acidulo. Sono questi prodotti registrati e tutelati a livello comunitario – continua – che hanno permesso all’Italia di conquistare il primato Europeo per le specialità tradizionali censite dalle diverse regioni e rappresentano una risorsa per il sistema economico nazionale”