Ci sono tanti compagni di viaggio. Alcuni ce li scegliamo, altri ce li troviamo a fianco, magari nel seggiolino accanto in un treno, su un autobus o un aereo. E non puoi cambiare posto. Oppure in una strada che devi percorrere per forza. Quella strada non ti piace, magari, e nemmeno sai dove ti porterà e proprio non vorresti a fianco chi ti sta accompagnando. Così abbiamo deciso di dare voce a tutte quelle persone che si sono trovate “per destino” a compiere una parte del viaggio della vita con quelle che vengono definite malattie rare, malattie invisibili, malattie croniche. Lo abbiamo fatto con due interviste – la prima al professor Bruno Frediani (potete rileggerla qui) e una alla professore Silvia Sestini (qui), rispettivamente direttore del Dipartimento di Scienze mediche e della Reumatologia dell’Aou senese e presidente della Aimaku, l’associazione che segue chi è affetto da Alcaptonuria
Sono Martina, ho quasi quarant’anni e a gennaio 2015 ho scoperto di avere la fibromialgia.
Non ricordo quel momento come l’inizio di una patologia, bensì come la fine di un periodo di travaglio fisico e mentale. Erano quasi due anni che stavo male. Dolori diffusi, formicolii, contratture, ogni sera sensazione di febbre alta con insormontabile difficoltà ad addormentarmi.
Niente rispetto alla paura! Come molte altre persone, ho partecipato al tour dei medici specialisti. Cardiologo, dermatologo, otorino, oculista, neurologo e via discorrendo, con i conseguenti esami. “Signora, non ho nulla da rilevare” erano le parole che da un lato mi davano gioia e dall’altro mi mandavano in confusione perché non sapevo come mai le mie giornate erano in salita, sempre di più.
Poi la scoperta e il sollievo. Perché, siamo onesti, c’è di peggio! Il malato, giustamente, vede il proprio medico come una divinità e lo capii quando mi sentii dire “Martina sei fibromialgica”. Dopo mesi in cui mi trascinavo fisicamente e psicologicamente, avevo una risposta e anche una cura. Mi sentii come rinascere!
Sia chiaro, la cura non è stata risolutiva al cento per cento, ma finalmente ogni tanto riposavo, potevo guidare senza avere formicolii alle gambe e i sintomi più invalidanti stavano allentando la presa. Non significa che non mi sentissi stanca, che dormissi bene o che riuscissi ad essere sempre concentrata.
Anzi, ammetto che la concentrazione se n’era andata proprio con l’arrivo delle cure. Il mio farmaco alleviava i fastidi fisici, ma, oltre a crearmi dipendenza, mi rendeva poco presente nelle prime ore del mattino. In pratica ero una macchina diesel. Partivo, ma piano piano. Parlo al passato di quel periodo perché ad un certo punto, nel 2020, decisi di accettare il suggerimento che mi era stato dato per disintossicarmi dal farmaco che assumevo.
Non sono guarita, infatti tutt’oggi ci sono giorni in cui mi sembra di non ricordare neanche come si respira e la fatica prende il sopravvento, ma sono diventata più consapevole e ho smesso di spiegare a chi crede che non ho niente che la mia non è mancanza di voglia di fare.
La fibromialgia non si vede, ma si sente. Non occorre lamentarsi, occorre informare. Ed è per questo che ho accettato di portare la mia testimonianza.