A Bellinzona, in Svizzera, nei laboratori di Humabs sarebbero stati identificati alcuni anticorpi monoclonali in grado di neutralizzare il SARS-CoV-2. Lo fa sapere la stessa Humabs Biomed, filiale dell’americana Vir Biotechnolog, attraverso il direttore Filippo Riva. ” Abbiamo rapidamente identificato un anticorpo prodotto dalle cellule B di un paziente guarito da SARS nel 2003 in grado di cross-reagire con SARS-CoV2 – afferma”.
L’anticorpo adesso si trova in Cina e negli Stati Uniti in due aziende. Sempre Humabs Biomed rende noto che i test clinici di fase 1 e fase 2 potrebbero iniziare già entro 3-5 mesi “La capacità di questo anticorpo di neutralizzare il virus SARS-CoV-2 è stata confermata in due laboratori indipendenti – prosegue Davide Corti, SVP e firettore della ricerca sugli Anticorpi -l’anticorpo si lega a un epitopo su SARS-CoV-2 che è condiviso con SARS-CoV . Proprio questa abilità di legarsi ad un epitopo cosi conservato rende questo anticorpo di estremo interesse, dal momento che potrebbe essere più difficile per il virus mutare in questa regione”.
Intanto in Toscana è partita la sperimentazione di un farmaco, usato su pazienti ematologici affetti dalla sindrome emofagocitica acuta e la graft versus host disease, per impedire l’evoluzione critica dell’infezione da Covid-19 e, quindi, il ricorso alle terapie intensive. Ad alcuni malati ricoverati nel reparto di infettivologia dell’ospedale di Livorno, con iniziale difficoltà respiratoria, ma non ancora in ventilazione assistita, verrà somministrato un farmaco orale registrato anche per le condizioni di iper-infiammazione. “I pazienti ad oggi già trattati sono 4: 3 uomini e una donna di età comprese tra i 28 e i 72 anni. Altri 2 hanno avviato la fase di sperimentazione”.
A parlare è il dottor Enrico Capochiani, direttore dell’ematologia dell’ASL Toscana nord ovest, che insieme al CNR e con l’apporto del dott. Spartaco Sani, direttore dell’infettivologia della ASL nord ovest,, hanno definito specifici criteri per selezionare i pazienti potenzialmente idonei. “In questa prospettiva – conclude Capochiani – i dati che la letteratura scientifica ha presentato nelle ultime settimane, sembrano suggerire che i quadri COVID-19 che evolvono negativamente con necessità di supporto rianimatorio, abbiano molte caratteristiche simili alle reazioni immunitarie derivanti da patologie ematologiche e che, conseguentemente, possano essere efficaci i medesimi trattamenti”.