E’ domenica il 23 ottobre del 1611. E’ notte. E’ l’ora di portare la Madonna dei miracoli nella sua nuova casa, nella chiesa di Provenzano. Luce e tenebre, è il tema della processione che coinvolge una città intera e tutte le migliaia di devoti giunti ad accompagnarla nel luogo che ancora abita. Era notte ma fu luce: Siena è illuminata, dicono le cronache, da oltre 1500 torce “provveduti sì dal ricco che dal povero”. Nelle campagne circostanti, fino a dove arriva la vista, si vedono solo fuochi di gioia. La processione della traslazione segue un percorso ben preciso ed un severo rituale, al quale prendono parte tutte le più alte cariche ecclesiastiche e laiche di Siena, delle sue terre e dei suoi comuni. La “Sacra Immagine…fu portata in un sontuoso tabernacolo d’argento” preceduta dall’Arcivescovo di Siena, Camillo Borghesi, e seguita dal granduca Cosimo II, da Maria Maddalena d’Austria, dal Principe Francesco de’ Medici, e da altri nobili oltre alla Signoria, alle Magistrature e alla nobiltà locale. Sul duomo e sul palazzo comunale sono esposte le bandiere della franchigia perché anche i debitori andassero a rendere onore con animo “franco”. Il granduca rende la libertà a quattro prigionieri in onore della Vergine. Le artiglierie della Fortezza sparano salve di saluto. Ma soprattutto, scrive Bandini Piccolomini, “non possiamo tacere come in quel dì quasi sembrassero rischiarati da interna brace i festanti cuori dei Senesi”. L’interno della chiesa è ricoperto di tutti gli ex voto donati da chi aveva ricevuto grazie dalla Madonna di Provenzano, e poi sete, vasi e argenti. E sulla facciata, “adornata di torce…e nelle quattro sue nicchie le Statue dei Santi Protettori della città dipinte in tela trasparente”, narra Bernardi (che scrive nel 1895), vi erano tutte le bandiere delle Contrade per indicare “che questa era la chiesa di tutte le Contrade, la chiesa per eccellenza del popolo senese”. E così la Madonna Miracolosa ebbe la sua degna casa, imponente e pronta a proteggerla nei secoli. E così si avverò anche la profezia di Brandano (Bartolomeo Garosi, 1488-1554) che aveva predetto: “Siena!… Io vedo i tuoi mali e non posso rimediarvi, perché Iddio è troppo adirato con te, Siena!… Metti la Signoria nel crivello, sinnò andrai in bordello! Siena!… Manda le tue figliuole scalze a far penitenza in Provenzano, perché t’è vicina a venire addosso una gran piena che t’affogherà… Senesi! Il vostro benessere è riposto in Provenzano e l’alta Regina che ha guardata Siena, la guarderà in eterno”. Oggi più che mai queste parole sembrano attuali e stamani rileggendole mi è venuto un brivido. Brandano muore poco prima dell’assedio della nostra città e il pericolo che vede come minaccia è quello della fine della Repubblica indipendente. Nei secoli, a seconda delle contingenze storiche, molti ci hanno letto la loro contemporaneità e si sono rivolti a Lei per chiederle protezione. Credo che ancora oggi, soprattutto oggi, sia il tempo di continuare a farlo perchè ci guardi in questo periodo in cui “combattiamo” una battaglia diversa, ma non meno difficile. E pericolosa
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