“Vogliamo giustizia!!”, lo urlano a squarciagola i trenta manifestanti della comunità bengalese di Siena scesi oggi in piazza Tolomei per solidarizzare con i loro connazionali che stanno protestando in Bangladesh.
Da Dacca fino a Siena, la rabbia si diffonde lungo una dorsale di oltre 7mila chilometri contro il sistema delle quote, nato per gestire le assunzioni nella pubblica amministrazione del Paese asiatico.
Il 30% dei posti di lavoro è riservato ai familiari di chi ha combattuto per l’indipendenza dal Pakistan nel 1971. La legge, nata negli anni 70, è contestata dagli studenti del Bangladesh, che chiedono invece forme di selezione più meritocratiche.
Ne sono dunque nate mobilitazioni, trasformatesi in bagni di sangue. “Quando uno studente si laurea non trova lavoro perché questo va a chi è nel sistema delle quote. Ecco il perché della nostra ira. La reazione del Governo ha causato più di 150 studenti morti”, spiega Noman, uno dei manifestanti
In Bangladesh la piazza è infuocata anche perché si sostiene che questo sistema sia nato per favorire chi appoggia il primo ministro Sheikh Hasina, alla guida del Paese dal 2009. “I più giovani hanno chiesto che questo metodo fosse rimosso e sostituito da un trattamento più equo, ma il Governo si è rivoltato contro. Hanno affermato che chi si è mobilitato fosse contro chi ha lottato per l’indipendenza”, dice Malik, un altro che si è mobilitato nel pomeriggio.
Tra chi c’era in piazza Tolomei anche figure ‘storiche’ della comunità bengalese di Siena, come Islam, che da molti anni vive in città. “Nel mio Paese ci sono molti problemi, dovuti all’atteggiamento del Governo”.
MC
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