Dammi tre parole: Fiducia, onestà, fedeltà. Le regole della signora di Enoteca Italiana Siena Elena D’Aquanno per raggiungere i traguardi della vita

Presidente, la commissione per la selezione dei vini per l’Enoteca che aprirà è al lavoro. Si stanno selezionando tutte le etichette che saranno poi disponibili all’Enoteca della Fortezza Medicea. A che punto siamo?

“Siamo davvero al punto di partenza. Partiamo dal San Filippo, con i lavori ormai in fase avanzata, direi in gran corsa, e con la commissione che sta scegliendo i vini per il museo. È un momento stancante, ma davvero ricco di soddisfazione”.

Ripercorriamo brevemente il suo arrivo a Siena: ormai è passato più di un anno, quando lei è arrivata in terra senese proponendosi come imprenditrice, ma soprattutto come una donna in cerca delle proprie radici. Ci racconta cosa l’ha portata davvero a Siena e cosa la sta spingendo avanti?

“Sono arrivata a Siena cercando la storia di mio nonno. Come ho detto più volte, era un imprenditore lungimirante che, già nel 1909, produceva vino e distillati in Piemonte. Mai mi sarei aspettata di imbattermi in questo marchio. È successo, e continuo a dire che è stato lui a guidarmi. Mio nonno, in qualche modo, mi ha accompagnata e continua a farlo, fino al successo che stiamo ottenendo, che considero meritato ma anche immeritato. In realtà, sono arrivata a Siena per motivi legati alla mia famiglia, con tante emozioni, molte soddisfazioni e momenti difficili che pochi conoscono. Ma sempre con la forza che la mia famiglia mi ha trasmesso”.

Parlando di suo nonno come guida… le piacciono le guide un po’ pericolose, a quanto pare. Il percorso non è stato lineare…

“È stata una storia in salita. Forse non l’ho mai detto chiaramente, ma molti hanno scommesso contro di me. Alcuni cercavano di scoraggiarmi, dicevano che la Fortezza non avrebbe mai funzionato, che non è nel centro di Siena, che quel marchio era ormai dimenticato. Ma io ci ho creduto fin dall’inizio. La città, le persone, la comunicazione e anche le istituzioni mi hanno aiutato. Certo, qualcuno ancora oggi scommette contro di me, ma pochi. Sai, le donne devono sempre affermarsi, anche in un mondo che spesso le ostacola. Io, invece, ci ho creduto. Ci ho messo la faccia, tutte le mie energie. Sono stata e sono ancora lontana da gran parte della mia famiglia, ma quando credo in qualcosa è difficile demotivarmi. La cosa che più mi è dispiaciuta è che, a volte, ho dovuto combattere contro chi buttava giù i bellissimi bastioni della Fortezza, anche solo a livello d’immagine. Dicevano “che brutto”, “ma come l’hanno rovinata”… Io invece vedevo quel luogo come una diapositiva sovrapposta a quello che stiamo facendo”.

 

 

Il cuore va sempre oltre l’ostacolo, mi pare di capire, in questa storia non solo imprenditoriale, ma anche familiare. Lei è arrivata a Siena… ma chi era Elena D’Aquanno prima di Siena? Chi è al di fuori di Siena?

“pieMi piace dire che sono, prima di tutto, una figlia cresciuta in una famiglia unita, con valori condivisi. Poi sono una mamma, anche se non sempre presente quanto vorrei. Ogni volta che posso, torno a casa. Sono diventata imprenditrice quasi per caso. Il mio percorso di studi non prevedeva questo, ma a un certo punto ho sentito una vocazione, trasmessa da mia nonna. Lei, oltre a essere la moglie di Pietro Duina, un noto produttore, aveva anche un’attività turistico-ricettiva. Era nata nel 1900 e mi ha insegnato che una donna doveva lavorare, affermarsi, non essere un peso. Da lì è cominciata la mia vita da imprenditrice. Ma avrei potuto fare benissimo solo la mamma, che è una delle cose più faticose ma che mi riescono meglio”.

Ha parlato spesso della collaborazione tra donne. Ci crede davvero?

“Sì, lo ammetto. Sono cresciuta con mia mamma e mia nonna, quindi c’è una generazione intera – mia nonna, mia mamma, io e spero mia figlia – che rappresenta un legame forte. Non faccio distinzioni di bravura, ma credo molto nella capacità delle donne di essere polivalenti e instancabili. Fin dall’inizio ho avuto molte donne accanto, ma anche tanti uomini che mi hanno dato una mano, vedendomi spesso sola. Solo di recente mio figlio è venuto a lavorare con me. Fino a pochi mesi fa ero davvero da sola. I miei figli venivano a trovarmi, ma mi sono dovuta affermare anche in questo: questa donna sola… E invece sono parte di una famiglia stupenda, che mi supporta”.

Che cosa le dice la sua famiglia? L’appoggia, ma cosa le dice davvero?

“Sicuramente sentono la mia mancanza. Quando torno a casa, tolgo i panni dell’imprenditrice e divento solo la mamma. Ti faccio un esempio: ho una figlia di quasi 15 anni. Un giorno le ho portato un quotidiano con la mia foto, e lei mi ha chiesto “Mamma, ma questa sei tu? Perché sei sul giornale?” Cerco di non coinvolgerli troppo, perché quando torno voglio staccare dal lavoro e dedicarmi a loro. Mia figlia è orgogliosa, anche se è timida. Una volta, quando eravamo ancora a Pesaro, ho scritto un articolo sulla sua scuola, e lei si è vergognata quando la preside le ha detto che era bellissimo. Mi vedono solo come la loro mamma. Ma in futuro saranno parte integrante di questo progetto, lo saranno ancora di più”.

 

 

 

Lo sono già?

“Mario, il primo figlio, mi sta aiutando tantissimo. Sta seguendo tutti i lavori in Fortezza e i rapporti con le aziende coinvolte. Il secondo sta studiando il logo, seguendo le tracce del bisnonno. È molto bravo con la grafica. Mia figlia mi sta aiutando con lo spagnolo, visto che avremo anche clienti dalla Spagna. Sono molto orgogliosi, anche se preferiscono parlare d’altro. Ma sono parte attiva di questo cammino”.

Possiamo già dare qualche data? Il 6 giugno, ad esempio, con le Città del Vino ci sarà un evento importante, il primo passo. Poi, verso fine estate, la riapertura ufficiale, giusto?

“Il 6 giugno partirà il Concorso Internazionale delle Città del Vino, che si svolgerà al Bastione San Filippo. Una volta concluso l’evento, il Bastione sarà ufficialmente aperto. Speriamo di accogliere tanti senesi e dare il via a numerose iniziative su cui stiamo già lavorando, in modo da far partire le attività e cominciare a fatturare. Dopo San Filippo, ci concentreremo sul Bastione San Francesco, che ha avuto qualche problema in più, soprattutto legato a infiltrazioni, quindi ha richiesto una progettualità più accurata. Se tutto va bene, potremmo aprire a fine luglio; altrimenti slitteremo a settembre. In ogni caso, per settembre contiamo di avere entrambi i bastioni pienamente operativi. A quel punto Enoteca Italiana Siena sarà una realtà concreta”.

Facciamo una descrizione del luogo, molto caro ai senesi…

“San Filippo sarà il punto di accoglienza del turismo in arrivo: bus, NCC, turisti privati. Sarà l’ingresso alla fortezza della città. Ospiterà sale polivalenti per convegni e attività culturali, didattiche e artistiche: mostre, eventi legati all’agroalimentare e al vino. San Francesco, invece, ospiterà il Museo del Vino, concepito in chiave moderna. Racconterà la storia del vino, dei territori, delle produzioni, con un approccio multimediale. Ma sarà anche uno spazio polivalente, capace di parlare di altre eccellenze italiane: agroalimentare, moda, oreficeria. Tutto con dispositivi che rispettano l’identità storica del luogo. Salendo, ci sarà un’area dedicata ai distillati e un’enoteca-bistrò, che avrà un ruolo importante anche nell’esperienza enogastronomica. E poi le terrazze, meravigliose d’estate, perfette per eventi, musica, momenti di contaminazione tra vino, distillati e cultura. Dopo questa fase, se tutto andrà bene, inizierò ad allontanarmi un po’ da Siena per viaggiare e portare il progetto di Enoteca Italiana anche in altre città d’Italia e all’estero. Un modo per parlare di Siena nel mondo — cosa che, in realtà, stiamo già iniziando a fare”.

 

 

Lei ha già fatto tantissimi incontri al Ministero, ma anche con delegazioni internazionali, passando per il Vinitaly e altre iniziative…

“Stiamo incontrando tantissime persone in tutta Italia. Abbiamo anche avviato un convegno itinerante sull’enoturismo, che abbiamo già portato in Piemonte e che realizzeremo anche in altre regioni. La cosa bella è che, ovunque andiamo, io parlo tantissimo — anche perché sono innamorata di questa città. Non ho mai vissuto in modo negativo la fase della chiusura, perché, a parte qualcuno che all’inizio ha forse scommesso contro di me, i senesi mi hanno davvero accolto. Io cammino per Siena ancora con il naso all’insù, facendo foto come una turista. E ogni volta che andiamo in giro, la gente mi dice: “Ma voi di Siena quanto siete fortunati a vivere in una città così bella!”. E per me è un grande vanto, perché ormai mi sento adottata da questa città. Adesso cominceremo anche a realizzare iniziative legate al sociale — ed è una cosa che mi mancava tantissimo”.

A tal proposito, proprio perché ha iniziato a innamorarsi di questa città, so che a fine maggio ci sarà un’iniziativa con l’ASP Città di Siena, al Campansi, insieme agli anziani della struttura…

“Da quando sono arrivata a Siena, questa è una delle cose che mi manca di più, subito dopo la mia famiglia e i miei figli. Io sono sempre stata a contatto con le persone più fragili, ma non ne ho mai parlato molto — non mi interessa apparire, mi interessa fare. Ovviamente, sai, il vino non si sposa benissimo con i bambini o con le persone ospedalizzate — anche se ho fatto iniziative anche in quei contesti, come con l’Unitalsi. Ho seguito tanti percorsi. Però, essendo cresciuta con una nonna, e conoscendo poi il Campansi, mi sono detta: perché non facciamo qualcosa anche lì? L’idea è di raccogliere aneddoti, storie di vita. Tante persone mi fermano per strada e mi dicono: “Ho conosciuto mia moglie in enoteca”, oppure “Mi sono fidanzato lì”, “Mi sono ubriacato e ho dichiarato il mio amore”, e così via. Ci sono storie divertenti, toccanti, belle o anche un po’ malinconiche. Perché non metterle in circolo, perché non condividerle insieme a loro? Sicuramente sarà un arricchimento per noi — e spero anche per loro. Questa è una parte che voglio portare avanti con convinzione. Anzi, approfitto di questo mezzo per dire: siamo partiti dal Campansi, ma siamo disponibili ad esserci ovunque la città ritenga utile un nostro contributo sul fronte sociale. Noi ci saremo. È davvero una bellissima iniziativa, una grande apertura. E Siena, che ha già una vocazione forte al volontariato e alla solidarietà, sicuramente la accoglierà con entusiasmo. Allora, tutto pronto per l’apertura, e poi via con tante iniziative…”.

Tra l’altro a luglio ci sarà anche la manifestazione Saranno Famosi nel Vino, patrocinata proprio da Enoteca Italiana Siena. È un’iniziativa che guarda al futuro, che parla di giovani e di nuove aziende che cercano visibilità. Questo fa parte della missione dell’Enoteca, giusto?

“Assolutamente sì. Mi viene in mente una frase di Papa Francesco, che per me è una figura molto cara — ho avuto anche la fortuna di conoscerlo. Noi vogliamo essere un ponte per tante piccole aziende che da sole non hanno la forza di farsi conoscere. Possono, tra virgolette, “usare” il nostro mezzo: oltre al museo, abbiamo anche una certa visibilità, siamo riconosciuti, e questo può aiutarle ad affermarsi non solo a livello nazionale, ma anche all’estero. Questa è una delle nostre vocazioni principali: supportare le realtà più piccole, quelle che spesso non riescono a partecipare alle grandi manifestazioni. Per questo Saranno Famosi nel Vino è un’ottima occasione, e ci stanno già contattando in tanti. Alcuni piccoli produttori, addirittura, si sono consorziati — non formalmente, ma si sono messi insieme per proporsi come gruppo, dicendo: “Siamo in tre o quattro, possiamo partecipare insieme?” Naturalmente ci saranno anche i grandi nomi, perché ci sono sempre stati e perché in fondo anche loro, oggi più che mai, hanno bisogno di tutti. Però noi puntiamo molto sulle realtà di nicchia, quelle meno conosciute, che grazie al nostro sostegno possono finalmente emergere. Quando sono stata al Vinitaly, una grande cantina siciliana mi ha raccontato che molti clienti esteri l’hanno conosciuta proprio grazie all’Enoteca. Mi ha detto: “Io mi presentavo, cercavo di raccontare la mia storia, e loro mi interrompevano dicendo: ‘La conosciamo già, vi abbiamo scoperti tramite Enoteca Italiana.’” E da allora quei clienti sono rimasti con loro. Quindi sì, questa è la nostra direzione. E questo non è merito mio, ma di chi ha costruito la grandezza di questo marchio: la città di Siena.

Quindi, l’aspetta un compito davvero importante. Come si sente pensando al futuro?

“Sarò sincera — perché lo sono sempre, forse anche troppo — un po’ preoccupata lo sono. Il progetto sta diventando sempre più grande, e questo comporta anche l’ampliamento del nostro gruppo. Però, allo stesso tempo, sono molto soddisfatta per ciò che stiamo facendo adesso. Io ascolto molto, parlo tanto ma ascolto anche tanto. Ti racconto un aneddoto: quando ancora non abitavo a Siena, magari mi davano un appuntamento alle 10 del mattino e uno alle 18. Io non dicevo mai di no, anche se abitavo a Pesaro. Partivo alle sei del mattino e tornavo a mezzanotte, senza mai dire che non ero di Siena. Temevo che dicendolo potessero cambiare idea sull’incontro, e quindi rimanevo tutto il giorno in città. Passavo il tempo tra chiese, musei, panchine, la Fortezza, i bar. Così avevo modo di riflettere, osservare, parlare con le persone. E questo mi ha fatto pensare: “Ce la farò, ormai conosco ogni angolo di questa città.” Quella non è stata la mia forza da imprenditrice, ma la forza di volontà di restare, di non mollare. Ora devo iniziare a dire qualche “no”, perché gli appuntamenti sono tanti e non riesco più a far tutto da sola. Qualcuno lo sposto, qualcuno mi aspetta. Ma all’inizio dicevo sempre “sì”, anche se significava tornare a casa alle due di notte e ripartire all’alba. Mi è capitato di rifugiarmi sotto una tettoia per la pioggia, di leggere, di andare a sistemarmi dall’estetista per ingannare il tempo. E ho letto tantissimo su Siena, mi sono documentata davvero molto. Ora che ci penso, sembravo proprio un po’ matta! Ma oggi, grazie a queste “follie”, ho una casa qui, posso pranzare a casa, e tutto questo mi dà una grande soddisfazione. Lo racconto col sorriso, ma non è sempre stato facile”.

E oggi come si sente?

“Mi sento realizzata. Soprattutto quando le persone mi fermano e mi dicono “grazie”. Quel “grazie” ha un peso enorme per me, ma è un peso positivo. Non penso di aver fatto chissà che, ma sentire quel grazie è la soddisfazione più grande. Ti faccio un esempio personale. Mio padre, che purtroppo è morto a causa di un tumore molto aggressivo, negli ultimi giorni in ospedale ringraziava tutti: chi gli portava l’acqua, chi gli sistemava il letto. Gli infermieri restavano colpiti da quest’uomo che non si è mai lamentato, mai. Ecco, per me il “grazie” è una parola sacra. A Siena ne ho ricevuti tanti, soprattutto dalla gente comune: “Grazie per aver ripreso il marchio”, “Grazie per non essere andata via”, “Grazie per tutto quello che stai facendo”. E adesso sono io che voglio dire grazie a Siena”.

 

 

 

A quelle persone che inizialmente hanno cercato di ostacolarla, oggi direbbe “grazie”?

“Non direi “grazie”, ma direi: “Vediamoci. Affrontami.” Non mi parlare alle spalle. Se pensi che io abbia sbagliato, dimmelo. Magari ce ne andiamo a mangiare una pizza insieme, ma affrontiamoci con sincerità. Non mi piace sentire commenti tipo: “Eh, però noi avevamo detto…” Non avete impedito niente, avete solo ritardato, forse. Ma noi siamo ancora qui”.

Quindi nonostante le difficoltà, siete rimasti fedeli al progetto?

“Assolutamente sì. Noi non ci siamo mai arresi. Una pacca sulla spalla, ogni tanto, non guasterebbe. Qualcuno potrebbe dire: “Hai fatto bene, il tempo ti ha dato ragione.” È vero, forse avremmo potuto fare qualcosa prima o più in fretta, ma abbiamo fatto i nostri passi con le nostre gambe. Io, tra l’altro, nemmeno sono tanto alta… quindi, passettini piccoli, ma costanti”.

Che messaggio lancia a chi ha scommesso contro di voi?

“Faccio un appello: tornate. Se avete scommesso contro di me, sediamoci insieme, prendiamoci un caffè. Una sfida sì, ma positiva. Possiamo ancora costruire qualcosa insieme. Una volta ho incontrato una persona che mi avevano descritto come “ostica”: le ho stretto la mano, le ho detto che non portavo rancore. Oggi ci salutiamo con cordialità. Io non serbo ostilità, ma aspetto chi ha scommesso contro di me”.

Qual è il valore della fiducia nella sua vita?

“Tantissimo. Ho sempre avuto fiducia in me stessa, anche nei momenti difficili. E ne ho avuti, anche di salute. Ma sono molto fiduciosa, e cerco di trasmettere fiducia anche agli altri. Il gruppo che lavora con me è unito, e molti di loro mi dicono: “Elena, non ti arrendere.” Ma io rispondo: “Tranquilli, pensate al progetto. Io ci penso da sola a me”.

C’è stato un momento in cui ha davvero sentito la fatica?

“Ho avuto periodi di grande stress. Sono dimagrita molto, lavoravo tanto, saltavo i pasti, non mi curavo abbastanza. Ma ho sempre detto: “Andiamo avanti.” Anche ora che ho coinvolto mio figlio, che conosce anche i miei difetti (che i senesi magari non conoscono ancora!), so che posso contare su qualcuno. E questa città mi ha accolta, è diventata casa”.

Oltre alla fiducia, che altri valori sono fondamentali per lei?

“L’onestà. Anche se spesso non ripaga subito, anzi, in certi ambienti sembra quasi un disvalore. Ma io continuo a essere me stessa, anche se non ho una grande memoria e quindi non riuscirei nemmeno a mentire troppo! Dico la verità, anche se è scomoda. E poi la fede: per me è fondamentale. Mi è stato anche detto che sono una “bigotta”, ma non mi vergogno di dire che la fede mi ha aiutata molto. Io non sono per una società di soli “super-laureati”. Le difficoltà formano, e l’importante è fare gruppo. Se io non arrivo, passo la palla a te, e tu a un altro. Così si va avanti. Ho vissuto in tante città, mi sono sempre rimboccata le maniche senza mai chiedere niente. E ora, anche i miei figli si sono stabiliti qui, almeno uno… Vediamo se riesco a portare anche il resto della famiglia!”

Se dovesse scegliere una terza parola, oltre a fiducia e onestà, quale sceglierebbe?

“Fedeltà. È il mio valore guida. Fedeltà alla mia famiglia, ai miei figli, ai miei principi, a me stessa. Se un progetto non mi convince, non riesco a portarlo avanti, anche se è promettente dal punto di vista economico. Per me le cose vanno sposate, devono convincermi fino in fondo. Cerco anche di trasmetterla ai miei figli: “Siate fedeli a voi stessi.” Oggi la fedeltà sembra un disvalore, ma io continuo a promuoverla. Amore, fedeltà e coerenza: se li hai, arrivi lontano. In ogni ambito della vita”.

Katiuscia Vaselli