Povera gente, persone strozzate dai debiti che non potevano rivolgersi alle banche e lui ne approfittava. La sua porta era sempre aperta per quanti avevano bisogno di denaro; glielo prestava e poi con una cadenza quasi matematica se lo riprendeva. Se i suoi debitori non avevano soldi lui prendeva loro altre cose. Gli interessi erano vicini alla soglia dell’usura, ma non è questo che lo ha fatto finire nei guai bensì la sistematicità con la quale richiedeva indietro il denaro dato.
Da dieci anni andava avanti questa storia fino a quando il velo è stato alzato. Accade nella nostra provincia e ieri mattina nel chiuso di una camera di consiglio davanti al gup l’uomo (che non era presente in aula) aveva dato mandato al suo avvocato di chiedere l’abbreviato. E così è stato con l’accordo del pm Nicola Marini e con il consenso del giudice il processo a suo carico è stato definito senza clamori. Il sostituto procuratore aveva chiesto 4 anni di reclusione, ma in forza del rito alternativo l’imputato è stato condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione. Il rito scelto non ha portato in aula neppure le presunte vittime almeno 10 (verosimilmente erano molte di più visto che “l’attività” andava avanti da dieci anni) quelle che si erano presentate per raccontare quanto stava loro accadendo. La disperazione di non poter mettere insieme il pranzo con la cena le aveva portate a bussare alla porta di quell’uomo conosciuto, grazie ad un passaparola, come colui che poteva prestare i soldi. Sì li dava, ma li rivoleva indietro e i debitori dovevano rispettare le scadenze. E ora la condanna definita nel silenzio di un’aula penale cominciata e conclusa a porte chiuse.
Cecilia Marzotti