Culle sempre più vuote e parti in calo. A Siena e in Toscana lo ripetiamo da tempo, eppure il trend non si ferma nemmeno ne 2023: sono stati 890 i bimbi nati alle Scotte nei dodici mesi appena passati, il 31% in meno rispetto al 2015 quando furono in 1300 a vedere la luce.
Anno dopo anno la situazione peggiora e riflette quanto accade in Italia. Significativo poi l’indice di fertilità delle donne in età partoriente che qui è pari a 1,2 figli. Ma, come spiega Fabrizio Coricelli, docente dell’Università di Siena ed esperto in demografia, per evitare la decrescita bisognerebbe arrivare a quota 2.
Se continuassimo così il futuro sarebbe disastroso: “Chiaro è – ammette Coricelli – che con questi numeri sia Siena che l’Italia rischierebbero di scomparire. Nel giro di cento anni la popolazione sarebbe così esigua questo territorio non potrebbe più esistere come città”.
Ma allora cosa fare per invertire la rotta? Prima di affidarci a policies nazionali o seguire esempi di altri Paesi possiamo, secondo Coricelli, guardare a ciò che avviene anche in altre realtà italiane, come Bolzano.
In Alto Adige ci sono vari elementi che hanno portato ad un aumento della natalità, come i contributi e gli incentivi economici per le famiglie.
Ma, come sottolinea il docente, l’aspetto su cui porre l’accento è un altro: “Bolzano ha, negli ultimi anni, ripensato la città per rendersi più amichevole verso i bambini ed ha attivato misure che hanno incrementato il senso di appartenenza verso lo stesso territorio”, ha detto Coricelli.
Non è solo una questione di soldi quindi, c’è anche un appeal di fiducia degli abitanti verso la comunità in cui vivono: se questo viene a mancare il rischio è di una flessione delle nascite.
L’immigrazione non è la panacea di tutti i mali, anche perché gli ingressi in Italia non sono stati capaci di contrastare il fenomeno della denatalità.”Pensare all’immigrazione come un qualcosa che possa risolvere tutto può essere fuorviante e rappresentare un’illusione”, ha detto ancora Coricelli.
MC