Si è conclusa con l’arresto di Andrea e Yuri Chesi, padre e figlio di 60 e 22 anni, la lunga giornata che ha visto al lavoro dalla polizia dall’alba di oggi. I due uomini sono accusati di possesso illegale di esplosivo e sono tra i dodici indagati, tutti incensurati, (tra loro anche tre dipendenti della banca Monte dei Paschi di Siena, tra cui Chesi, 60 anni, la cui abitazione a Sovicille è stata ispezionata dagli agenti). Per la Digos, i contatti tra gli indagati, accusati di detenzione abusiva di armi o esplosivi aggravata dalla finalità del terrorismo, avvenivano sia attraverso i social che personali, con incontri diretti. In una conversazione intercettata il capo invocava la necessità di ricostituire una ‘guardia nazionale repubblicana’ in grado di garantire la sicurezza senza bisogno di chiamare le forze dell’ordine. Per risolvere le questioni politiche italiane, affermava ancora in un’altra intercettazione dello scorso ottobre, «bisogna sparare», «se c’è da andare a sparare – continuava – noi s’ha tutti l’armi e tante». Offese anche contro il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Nel garage del 60enne la Polizia ha trovato e sequestrato ordigni bellici della Seconda Guerra Mondiale, polvere da sparo, tritolo e silenziatori per armi costruiti artigianalmente. Secondo quanto appreso, nel garage, sarebbero state trovate bottiglie riempite con polvere da sparo ricavata svuotando alcune bombe risalenti all’ultima guerra, trovate dall’uomo e dal figlio, grazie all’uso di un metal detector. Secondo le indagini, inoltre, l’uomo avrebbe postato sui social foto che lo ritraggono con una divisa mimetica con le mostrine delle ‘Ss’ tedesche, in sella a un side-car militare. In altra foto, postata col commento ‘rievocando i vecchi tempi’, indossa una mimetica e imbraccia un lanciarazzi. In un’altra è ritratto dove fu fucilato Benito Mussolini mentre con la mano fa il gesto di sparare a un cartello dell’Anpi. Avrebbe anche costituito sui social un gruppo dal nome “Ritorneremo”. In passato, ancora secondo le indagini della Dda di Firenze, il 60eenne, avrebbe acquistato un tornio per realizzare silenziatori per pistole “per mezza Siena”. In un’altra conversazione, il 60enne afferma che i suoi nipoti dovranno “combattere con le armi il pericolo dell’Islam”. Tra i destinatari delle perquisizioni, anche un 66enne aderente al Movimento idea sociale (Mis) di Siena. Parlando col 60enne, l’uomo racconta di aver litigato con degli stranieri sul lavoro e i due concludono che “andrebbero ammazzati tutti”.
Secondo quanto emerso dalle indagini, gli indagati avrebbero progettato, salvo poi rinunciare, di far esplodere la moschea di Colle Val d’Elsa (Siena) ipotizzando di far saltare la condotta del gas ma avrebbero desistito temendo di esser scoperti dalla Polizia. Così gli indagati dell’inchiesta sull’estremismo di destra della Dda di Firenze. «Aveva già portato le mappe, gli si voleva far saltare il coso col gas così saltava tutto», si sente dire in un’intercettazione. Poi il progetto sarebbe stato bloccato. “Fermi ragazzi fermi, fermi tutti, come ci si muove siamo guardati a vista”, avrebbero anche detto in un’altra intercettazione in cui il gruppo di estremisti di destra decide successivamente di interrompere il progetto di far esplodere la moschea di Colle.
K.V
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