“Abbiamo scelto di acquisire la Diagnostica Senese per le sue forti tradizioni sul distretto senese, famoso nel mondo e tra i migliori per quanto riguarda lo sviluppo vaccinale e la parte infettivologica. Noi vogliamo partire da una storia di tradizione vogliamo portare avanti un’espansione a livello globale che, a dire il vero già stiamo facendo. Diesse è infatti presente in 100 paesi del mondo. Noi vogliamo essere ancora più presenti ed esportare il nostro made in Italy e la nostra innovazione nel settore dei dispositivi medici e, nello specifico, nei diagnostici in vitro”. Così il nuovo amministratore delegato della Diesse (nonché socio di minoranza dell’azienda), Massimiliano Boggetti, presenta il nuovo corso della storica azienda senese, nata nel 1980. Boggetti è un biologo molecolare con formazione economico-finanziaria e con una lunga carriera nelle multinazionali, valore aggiunto per accedere ai grandi fondi di investimento: “Oggi viviamo in un’epoca dove ci sono più risorse finanziare che progetti. La difficoltà per i fondi e per l’industria non è quello di trovare i soldi ma cercare quale sia il progetto giusto da finanziare. Tutti i progetti sono fatti e sostenuti da persone. Credo che il valore aggiunto di Diesse sia quello che oggi noi abbiamo una squadra che ha dato credibilità ad piano di business e che ha avuto la forza di attrarre investimenti esteri. Qui non parliamo di un’acquisizione intesa come la classica azienda italiana comprata da un’impresa estera ma si tratta di capitali esteri che investono su una realtà italiana. Da confindustriale ne sono orgoglioso”.
Facciamo un passo indietro, quando arriva la scelta di acquisire la Diesse?
“Questa storia nasce da un aperitivo di quattro anni fa con uno dei soci fondatori. In un momento in cui l’azienda si voleva espandere, lui mi ha contattato chiedendomi se ero disponibile a diventare il Ceo dell’azienda. Allora non nascondo che il progetto Diesse avveniva in un momento della mia vita professionale che, pur attraendomi, non riuscì a fare quella breccia nel mio cervello per arrivarci. Da allora però è cominciata un’osservazione attenta fino a quando i tempi maturarono e anche io ebbi voglia di prendere per mano una realtà italiana e di provare a svilupparla nel mondo. Cosi abbiamo iniziata a sviluppare l’azienda, abbiamo trovato un fondo d’investimenti interessato a credere nel mio progetto d’impresa e nel mio business plan. Il vero ‘go live’ dell’acquisizione avvenne su una spiaggia del Brasile: il fondo francese ArchiMed mi disse di avere deciso di fare la verifica tecnica ed economica per valutare la sostenibilità dell’acquisto. Mi ricorderò sempre che tutto è partito da quella spiaggia”.
Siena non è certamente una realtà facile, soprattutto per le realtà imprenditoriali. E’difficilmente accessibile soprattutto per la carenza di infrastrutture. Per voi questa è stata una doppia sfida?
“Fare impresa a Siena può essere anche intesa come una tripla sfida. Siena è una città che possiede questo distretto molto importante, sotto certi punti di vista questo è ideale: si possono mettere insieme competenze che si contaminano tra loro e creare una filiera capace di accelerare alcuni percorsi di sviluppo. Siena è una piccola città italiana e, come tale, ha tutti i difetti delle piccole città italiane: non è facilmente raggiungibile e rischia di rimanere indietro rispetto a i trend delle grandi metropoli internazionali e nazionali. A Milano si sta inserendo il 5G ed io mentre mi sposto da Firenze a Siena sull’Autopalio, lo faccio ogni giorno, non riesco ad avere una connessione telefonica oltre i 5 minuti. Manca un aeroporto vicino, quello di Firenze è comunque mal connesso con il resto del mondo. Non c’è l’alta velocità, abbiamo un sistema di interconnessione viaria piuttosto limitato, la Siena – Firenze è una superstrada non adatta al trasporto pesante e questo sicuramente non favorisce la movimentazione delle merci. Io rimango però convinto che, aldilà delle difficoltà logistiche che si devono sommare ad una burocrazia complessa e ad un territorio non sempre vicino ai bisogni degli industriali, alla fine conta la competenza delle persone che lavorano con me in azienda, l’esperienza maturata sugli impianti e nella ricerca e sviluppo, la presenza di Tls e di Gsk Novartis. Questi sono i valori che riescono a correggere i difetti. E’però vero quello che dice il mio presidente Boccia ( presidente della Confindustria ndr) quando ricorda che se l’Italia avesse le infrastrutture tedesche sarebbe la prima manifattura al mondo. Noi industriali riusciamo a fare impresa nonostante i tanti handicap rispetto ai nostri concorrenti anche se il riuscire è sempre più difficile”.
180 dipendenti, oltre 25 milioni di euro di fatturato. Parliamo di un’azienda sana e con delle radici solide in un distretto particolarmente votato alle Scienze della vita. Da Achille Sclavo fino alle grandi multinazionali come Gsk e alla importante realtà di Toscana Life Sciences che racchiude imprese davvero preziose. Crede che questa possa essere la nuova vera ricchezza di Siena? Un pò come storicamente è stata la banca Monte dei Paschi?
“Secondo me anche di più. Per Siena la White Economy in generale, e le biotecnologie nello specifico rappresentano un’occasione importante. Una politica illuminata dovrebbe sapere investirci con una certa attenzione. Nel territorio aziende come la mia dovrebbero avere degli strumenti facilitativi invece che delle difficoltà, devo dire che la Regione Toscana attraverso Tls ci aiuta e ci supporta nei vari passaggi. La nostra è un’azienda sana che però si vuole sviluppare, quando ci sono investimenti esteri il progetto di crescita diventa ambizioso. Credo che il settore della White Economy sia però una grande opportunità per tutto il sistema Paese Italia. Credo che in un momento in cui i made in Italy tradizionali stanno soffrendo e soffrono un percorso di acquisizione aggressivo da parte di multinazionali estere, questa( la White economy ndr) rappresenta un’area di forte investimento strategico per la nazione e potrebbe, non solo generare economico e occupazione, avere una ricaduta immediata all’interno del sistema sanitario e nella salute dei cittadini. Il problema dell’Italia è che ha disinvestito proprio sul servizio sanitario, che prima era uno dei nostri grandi valori,e per noi imprese della previdenza e della cura non è facile crescere solo esportando. Settori come moda, cibo e automobili hanno trainato l’Italia perché all’italiano piace mangiar bene, vestirsi bene e guidare belle macchine. Quando esiste un mercato domestico che attira nascono realtà imprenditoriali che si sviluppano anche su un’internazionalizzazione. Per noi è purtroppo il contrario, abbiamo una domanda domestica in recessione ed un mercato mondiale che invece investe tanto sulla salute dei cittadini. Non parlo solo di paesi in via di sviluppo che normalmente hanno l’esigenza di migliorare la qualità di salute dei propri cittadini ma anche di paesi sviluppati che oggi investono moltissimo in quella che io ho definito la medicina della quattro P: personalizzata, preventiva , predittiva e partecipativa. Una medicina che invece di curare cerca di prevenire e rende i servizi sanitari sostenibili”.
Ci può fare degli esempi?
“Oggi il cancro ha in genere curve di sopravvivenza molto lunghe, questo grazie alla medicina e al farmaco. La medicina delle quattro P ribalta questo concetto e va ad analizzare la predisposizione di insorgenza di un tumore, per esempio, alla pelle. Misurandola aiuta il paziente che risulta essere predisposto ad apporre quei cambiamenti comportamentali, come l’esposizione al sole o le creme protettive, con l’obiettivo di rallentare o posticipare l’insorgenza del melanoma. Molto si basa sulla prevenzione e su programmi che permettano di fare, ogni tanto, una mappatura dei nei o esami diagnostici che aiutino a verificare l’insorgenza precoce di una patologia. Il progetto di Diesse ha qui un valore molto importante. La medicina delle 4 p è anche molto di più di questo. E’una medicina personalizzata, oggi si è riconosciuto infatti che l’individualità è fondamentale nell’aggressività o nell’insorgenza o nella predisposizione verso alcune patologie. Tutti i dispositivi medici trattano l’individuo come singolo e non massificandolo. E’una medicina basata sulla partecipatività, sui big data. L’uomo è soggetto ad una misurazione continua dei parametri vitali, dal modo in cui dorme al modo come mangia. La medicina delle quattro p è quindi una rivoluzione completa che comprende tutte le nuove tecnologie, più etica, più sostenibile economicamente perché la prevenzione costa meno della cura”.
Qui si aprirebbe una bella parentesi, sarebbe un risparmio per lo Stato no?
“ E’chiaro che oggi quasi tutti i governi si trovano davanti alla difficoltà di avere una sovrapposizione di due costi: quello della cura del malato e quello della prevenzione per evitare che l’uomo si ammali. Questo è un problema e richiede la sovrapposizione di due budget quando non ci sono nemmeno i soldi per curare le persone. Qui io dico che c’è bisogno di governi illuminati capaci di prendere una decisione coraggiosa, quella di tornare a reinvestire in salute. Siamo obbligati a farlo. La piramide si è ribaltata rispetto a quarant’anni fa: se prima c’erano 4 bambini, due genitori, un nonno oggi ci sono due nonni, due genitori ed un figlio. La base è molto più larga su soggetti che richiedono più cure rispetto a quelli che invece producono ricchezza per sostenere le cure”.
Molto nella resilienza di un’azienda in un territorio conta il rapporto con il tessuto sociale dello stesso territorio, parliamo quindi di rapporti con le istituzioni …
“ Devo dire che i rapporti con le istituzioni, ad esclusione di Regione e TLS, non sono stati molti. Certamente ho collaborato con il sindaco di Monteriggioni (Andrea Frosini ndr) dove la mia azienda ha sede. Da questo punta di vista il Comune ci aiuta con dei tempi che, alcune volte, non prescindono dalla volontà del singolo ma sono disallineati ai tempi dell’industria. Il peso della burocrazia italiana si sente tutta. Quando prima dicevo che questo non è un mondo predisposto all’interazione con il mondo industriale intendevo proprio questo. Non nascondo che ho avuto proposte di rilocalizzare la mia azienda fuori dalla regione, anche fuori dall’Italia. Io mi auguro che tutte le parti facciano il loro lavoro per fare in modo che questo progetto nato a Siena continui da Siena ad espandersi nel mondo”.
Partendo dal presupposto che si trovi una burocrazia “più breve”, c’è la possibilità di una ricollocazione in qualche spazio su Monteriggioni o su Siena?
“Nel progetto presentato al sindaco è prevista la costruzione di 6mila metri quadri di impianto a Monteriggioni e la ristrutturazione dei 2mila 500 metri quadri d’impianto già presenti. C’è in programma la dismissione di due impianti in questo territorio. Mi auguro che il progetto possa avere l’ok in tempi rapidi. Una delle cose belle di essere sotto leva finanziaria per un investimento di un fondo estero è che si ha un arco temporale che per le tempistiche di oggi sembra essere lungo. Il periodo d’investimento ha un arco temporale medio tra 4 e 6 anni che sembrano tanti ma nel fattore tempo di un italiano è veramente un nulla. Per gli industriali 4 anni sono un ciclo, per un politico o un’istituzione 4 anni non sono nulla. Questo è il disallineamento che dobbiamo colmare”.
Il fondo ArchiMed, aldilà di tecnologie e know how, ha creduto nel territorio?
“Non credo che ArchiMed sia arrivata a vederre il territorio come fattore di scelta, credo che il fondo abbia creduto che l’organizzazione che risiede nel territorio sia quella giusta per portare a termine il piano di business…”.
La qualità della vita che abbiamo qui può in qualche modo invitare un investitore che si occupa di White Economy a venirci più volentieri?
“Non credo che questo sia uno dei fattori discriminanti per un investitore. Fattori come il territorio o la bellezza del paese sono importanti se l’investitore si occupa di turismo. Le decisione di business vengono presi seguendo altri criteri come le competenze che Tls mette a disposizione, la presenza di una grande società farmaceutica e vaccinale, la possibilità di avere competenze generate dall’indotto sul territorio. Io ho anche lavorato in Svezia e questa è l’azienda più a sud in cui ho lavorato. C’è una grande differenza nella cultura delle persone quando gestisci o lavori in contesti svedesi o in contesti senesi, in alcuni casi ci sono fattori di differenza tra il lavorare a Friburgo in Germania, dove sono stato in passato, o lavorare a Siena oppure lavorare a Milano o lavorare a Siena ma anche lavorare a Firenze o lavorare a Siena. Alcune caratteristiche specifiche si ritrovano nei lavoratori di questo tessuto. I senesi sono noti per non avere una mentalità particolarmente aperta. Magari non sempre è un fattore conciliabile con lo stimolo lavorativo. Però c’è anche da dire che negli ultimi anni si è cambiato il paradigma lavorativo. Oggi il lavoro non è solo produttività al alato estremo ma si parla sempre di più di Real time balance, il modello di Brunello Cucinelli viene insegnato nelle imprese e nelle università, si cerca un modello capace di recuperare un benessere di vita. Io non sono uno di quei manager che ritiene che 12 ore di lavoro siano meglio di 8, penso che sia meglio un lavoro ben organizzato e ben produttivo e non sono orientato verso la verifica ossessiva della quantità di lavoro eseguita. Nelle aziende gestite da me fino adesso, e arriveremo allo stesso concetto anche a Diesse, io ho abolito la timbratura del cartellino e mi sono spostato verso un lavoro a risultati. E’chiaro che non è pensabile che lavorando poche ore al giorno si arrivi ad un’efficienza qualitativa alta. C’è bisogno di dedicare il giusto tempo al proprio lavoro, come scrissi nel mio libro. Dedicare tempo vuol dire anche trovare un ambiente lavorativo che piace e sentire che non è un spendere il tempo ma dedicare con passione tempo alla propria mansione. Quando entri nella forma mentale in cui ti piace quello che stai facendo allora il lavoro assume un livello qualitativo diverso”.
Quanto tempo si dà la Diagnostica Senese per capire se rimanere qui o decidere di andarsene?
“ Io avrei deciso di rimanere ma mi aspetto di essere supportato. Il rilancio di Diesse parte dalle sue radici, l’anno prossimo festeggeremo 40 anni qui”.
Si è anche parlato di un’implementazione dei posti di lavoro…
“Abbiamo in programma investimenti sugli impianti che genereranno forza di lavoro per il territorio. La mia scelta è quella di lavorare con aziende locali. Abbiamo scelto già un fornitore di qui perché crediamo nel valore aggiunto del lavorare con imprese di questo tessuto. L’obiettivo è investire sui fornitori di Siena per fare sistema. Abbiamo in progetto l’assunzione di 50 persone durante il primo round di investimenti, le prime 20 verranno assunte entro la fine dell’anno. Mi stanno arrivando molte proposte su Linkedin da quando ho dato la notizia sui media. Questo è un fatto positivo, vuol dire che le persone ci ascoltano e ci seguono. Noi abbiamo necessità di ingrandire l’organico. Un piano come il nostro si basa sulla crescita e questa non non avvenire se non con la crescita delle persone”.
Katiuscia Vaselli