“L’invaso? Indispensabile ma non vuol dire che debba essere fatto per forza”. Letta così, senza contesto, l’affermazione di Fabio Zappalorti, direttore del Consorzio di Bonifica della Toscana del Sud, può sembrare una semplice contraddizione.
In realtà però rivela uno scenario, quello della diga di San Piero in Campo, che è più complicato di quello che è stato raccontato nelle ultime settimane. E la prima cosa che che emerge è che non è detto che l’opera, nata per stoccare la risorsa idrica, possa tornare a svolgere il ruolo che aveva un tempo. “La diga vera e propria in realtà non è mai stata realizzata – fa sapere Zappalorti -. Alcune delle sue strutture sono state lasciate alle intemperie da anni. Ecco perché abbiamo dato l’input all’Autorità di bacino del nostro distretto per procedere con uno studio di fattibilità tecnica: bisogna capire se la diga possa avere un’effettiva utilità visto che, rispetto a quarant’anni fa, viviamo l’epoca dei cambiamenti climatici, con l’invaso che potrebbe rimanere a secco con l’acqua. Occorre inoltre aggiornare le informazioni sulla diga, che sono vecchie di decenni”.
Prosegue Zappalorti: “Quelle che intendiamo fare è dare uno strumento in più ai politici per prendere una decisione sulla diga”. Il direttore poi si concentra di quelli che sono gli elementi positivi sulla presenza dell’invaso nel territorio: “L’Orcia un tempo aveva l’acqua ma adesso a secco. La diga potrebbe garantire un deflusso ecologico. Inoltre con l’acqua si potrebbe anche tutelare la biodiversità presente nel fiume, in particolare quella dei pesci”.
Sul caso inoltre è intervenuta anche Coldiretti Siena, attraverso le parole del suo direttore Simone Solfanelli: “Con l’Anbi da tempo avevamo proposto di guardare ad un investimento sui laghetti collinari e sui fontoni. Adesso vorremo capire di cosa si tratti questo studio di fattibilità, anche se mi chiedo quanti laghetti artificiali avremmo potuto fare con un milione di euro”
MC