Noti fin dall’Antichità, i disturbi legati al cambio di stagione sono più che attuali e riguardano una grande fetta della popolazione, dagli adolescenti agli anziani.
Da qualche settimana è iniziato l’autunno e con il passare delle giornate, le ore di luce diminuiscono a vista d’occhio. Proprio la luce è la principale imputata del malessere che può insorge nel passaggio da stagione a stagione: è un elemento naturale che influenza l’organismo e ne regola alcune funzionalità, in particolar modo l’umore, provocando in molti soggetti il disturbo affettivo stagionale (Sad), soprattutto tra l’estate e l’autunno.
La dottoressa Giuliana Galli, direttore dipartimento Salute mentale della Asl Toscana sud est spiega di cosa si tratta: “Quando la luce del sole è meno intensa, le ore diurne sono ridotte e la temperatura scende, seppur gradualmente, alcune persone possono avvisare una serie di disturbi tra cui ansia, irrequietezza, disturbi del sonno e dell’alimentazione, senso di tristezza, apatia. Questo accade perché la luce gioca un ruolo importante nella produzione di serotonina che contribuisce alla regolazione dell’umore”. “Il Sad è più comune nelle donne e sembra avere un’incidenza maggiore nei paesi del nord, dove per molti mesi le ore di luce sono minori – prosegue Galli – Nella maggior parte dei casi che trattiamo nei nostri servizi territoriali, il Sad corrisponde a una riacutizzazione dei sintomi del disturbo depressivo o bipolare, già preesistente, in cui il cambiamento stagionale trova terreno fertile. Negli ultimi anni, stiamo assistendo purtroppo a un aumento di manifestazioni anche tra i giovanissimi. Per il trattamento si fa ricorso alla psicoterapia, eventualmente alla prescrizione di farmaci specifici e all’assunzione di vitamina D, in caso di rilevata carenza. Non sempre è semplice riconoscere il Sad, data la presenza talvolta di sintomi sfumati o comuni ad altri disturbi. Nel caso in cui si dovessero avvertire uno o più sintomi tra quelli descritti, per un periodo di tempo prolungato, è consigliato rivolgersi al proprio medico di famiglia, che effettuerà un primo accertamento e valuterà la possibilità di affidarsi allo specialista (psicologo, psichiatra). A tale proposito, per una diagnosi precoce, è costante la collaborazione tra i servizi territoriali di salute mentale e i medici di medicina generale”.
Il cambiamento stagionale non incide solo sulla sfera psicologica, ma può presentare anche sintomi parainfluenzali. Molte persone si rivolgono al medico di famiglia: “I medici di medicina generale sono la prima figura sanitaria a cui solitamente si rivolgono i pazienti al comparire dei disturbi tipici da cambio di stagione. Questo ci consente di avere il polso della situazione – spiega il dottor Renato Tulino, direttore dipartimento Medicina generale della Sud est –. Si tratta di stati infiammatori che interessano principalmente le alte vie aeree e l’apparato gastrointestinale con peggioramento dei sintomi gastrici in coloro che in genere hanno problemi di gastriti, reflusso gastro-esofageo, ulcera gastrica e duodenale. Gli assistiti spesso lamentano anche astenia marcata, inappetenza, insonnia, dolori alle articolazioni, mal di testa e oscillazioni considerevoli del peso. I soggetti più interessati sono gli anziani, con difese immunitarie più basse, ma anche nei più giovani, negli ultimi anni, non è infrequente constatare tali sintomi. Solitamente si procede con un controllo generale tramite esami del sangue e una terapia sintomatica. Mi sento di rassicurare le persone sul fatto che non si tratta di niente di grave, sono disturbi temporanei, di durata dai 7 ai 10 giorni, legati alla minor luce solare e alla variazione di temperatura. Solo nel caso in cui dagli esami risultasse qualcosa di anomalo, il medico provvederà a prescrivere ulteriori accertamenti o indirizzare il paziente dallo specialista. Tuttavia, invito i cittadini a non ricorrere all’automedicazione con uso improprio di farmaci, ma a rivolgersi sempre al proprio medico di medicina generale che saprà offrire una risposta adeguata ai bisogni di salute, indicando al paziente il percorso più adatto” – conclude Tulino.