Sono in arrivo le vacanze e gli italiani si stanno preparando per partire verso le località turistiche per una meritata pausa dal lavoro con le loro famiglie. Ogni anno sempre di più sono le spese che i turisti del Belpaese investono nell’enogastronomia.
Secondo Coldiretti, almeno 1/3 della spesa quest’anno sarà impiegata in pranzi o cene in ristoranti, agriturismi, pizzerie, sagre di paese, cibo da strada, souvenier… per un totale di ben 15, 6 miliardi di euro, in aumento del 1% rispetto all’anno precedente.
Oggi è cambiato il modo di approcciare alla vacanza: per chi resta in Italia prediligendo le mete culturali, artistiche o naturalistiche che offre il Belpaese, la scelta di assaporare e conoscere piatti e prodotti tradizionali locali non è più solamente collaterale alla vacanza, ma è diventato un vero e proprio motivo di viaggio. Il fatto che il cibo sia diventato centrale per i vacanzieri si deve anche al grande lavoro di valorizzazione territoriale, che è stato portato avanti nel tempo da enti locali, sagre turistiche, strade del vino e agriturismi, offrendo opportunità di sviluppo delle economie locali ed anche sbocchi occupazionali. Del resto, il nostro paese si afferma come leader mondiale nella gastronomia sia per la vastità della scelta (basti pensare che in Italia abbiamo 5547 specialità sono ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni censite dalle Regioni, 319 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg), sia per l’attenzione all’ambiente con più di 86.000 aziende certificate biologiche.
Tuttavia, è importante tutelare questo nostro patrimonio, e la candidatura della cucina italiana per l’iscrizione nella Lista rappresentativa dei patrimoni culturali immateriali dell’umanità dell’Unesco è un primo passo. Ma molti ne devono essere fatti per contrastare le contraffazioni alimentari di cui il made in Italy è sempre più oggetto. Non è raro trovare sulle tavole dei ristoranti all’estero gli spaghetti alla carbonara fatti con prosciutto cotto al posto del guanciale e formaggio grattugiato al posto del pecorino romano, o il tiramisù fatto con la panna, piuttosto che gli spaghetti alla bolognese che di emiliano hanno solo la citazione della città.
“La mancanza di chiarezza sulle ricette Made in Italy offre terreno fertile alla proliferazione di falsi prodotti alimentari italiani con un impatto negativo su economia e lavoro in una filiera che dai campi agli scaffali fino ai ristoranti vale 580 miliardi di euro, conclude il presidente della Coldiretti Ettore Prandini”, nel precisare che “al valore culturale si aggiunge quello economico ed occupazionale per il Paese”.
Stefania Tacconi