Quando sembrava finita la querelle intorno al Drappellone di Charles Szymkowicz, ecco tornare un botta e risposta tra il sindaco e l’arcivescovo. Nello specifico, il sindaco Luigi De Mossi è intervenuto in merito alla nota stampa dell’Arcivescovo Antonio Buoncristiani inviata ai media nella mattinata di oggi.
“Come ho avuto modo di dire nei giorni del Palio, nonostante la scelta del Drappellone del Maestro Szmkowicz sia stata fatta dalla precedente Amministrazione – ha dichiarato il sindaco Luigi De Mossi – mi prendo le responsabilità della scelta in una logica di continuità istituzionale.
È però chiaro che quando si chiede ad un artista di fama internazionale di realizzare il Drappellone è necessario lasciargli libertà di interpretazione della nostra Festa con la sua esperienza personale e professionale.
Come Sindaco – ha concluso De Mossi – insieme alla mia Giunta al cui interno forte è la presenza di cattolici, avrò modo di scegliere gli artisti che realizzeranno i prossimi Drappelloni con cura assicurando il rispetto della religione e delle nostre tradizioni”.
L’arcivescovo, dal canto suo, aveva voluto riaprire l’argomento questa mattina:
“Le polemiche relative al Drappellone del Palio vengono da lontano, a partire dagli anni ’80, tanto che nel “Regolamento del Palio” (1998) venne ancora prescritto che «Secondo la tradizione, esso reca in alto, per la corsa del 2 Luglio, l’immagine di Maria Santissima che si venera nella Chiesa di Provenzano e per quella del 16 Agosto, l’immagine di Maria Vergine Assunta in cielo. [ … ] Il Drappellone è solennemente trasportato, per il Palio del 2 Luglio, nella Chiesa di S. Maria in Provenzano, e per quello del 16 Agosto, in Duomo, rispettivamente dopo la prova generale e prima della terza prova e vi rimane esposto fino a quando deve venire issato sul Carroccio, per il Corteo Storico».
Per quanto mi riguarda – come Arcivescovo di Siena – la diatriba è iniziata nel 2002 e poi, più indirettamente, nel 2010 nel caso del cosiddetto “palio mussulmano”.
Ben cosciente del mio ruolo non sono mai voluto entrare nell’aspetto artistico, soggetto a considerazioni e gusti soggettivi che hanno sempre fatto “cornice” al più o meno gradimento del Popolo delle Contrade, e che poi si sciolgono immediatamente nell’entusiasmo della vittoria.
Però, tenendo conto delle secolari radici religiose delle nostre feste, è mio compito – come Pastore di questa Chiesa – richiamare con insistenza all’osservanza delle sue tradizioni religiose che si esprimono nel Corteo “dei Ceri e dei Censi”, nell’esposizione del Drappellone nelle rispettive Chiese, nella Messa a Piazza del Campo, nella Benedizione dei Cavalli e, finalmente nell’irrefrenabile entusiasmo dei vincitori che esprimono cantando la loro gratitudine alla Madonna recandosi in Duomo o a Provenzano con il “cencio” che sono riusciti a conquistare.
A proposito della sua cosiddetta “benedizione”, ho sempre rilevato come non debba essere considerata come rivolta ad un oggetto, ma intesa piuttosto come Benedizione di Dio, per intercessione della Vergine Maria, sull’intero Popolo delle Contrade che celebrano le festività mariane cittadine, confermando di considerarsi ancora come «Sena vetus, Civitas Virginis», Città della Vergine.
Se non vi è contenuta anche la tradizionale raffigurazione artistica della Vergine a cui è dedicato, che significato avrebbe ospitarlo per due giorni e tenerlo esposto con solennità nei due Santuari Mariani dove si celebrano le rispettive feste liturgiche ?
In questo nostro tempo stiamo vivendo oramai in una società secolarizzata che non riesce più a riconoscere il “sacro” nella condotta di vita e anche nei suoi “segni” tradizionali e, per questo è richiesto ai cristiani di proclamare con fermezza la propria fede che va vissuta in ogni aspetto della vita sociale ….
Come Vescovo [ parola tratta dal greco = “sorvegliante” ] di questa Chiesa non posso fare a meno di sentire il dovere di fare il possibile per evitare che i nostri tradizionali riti di religiosità civica si riducano solo a una vuota scenografia del passato.
In tal senso mi permetto – ancora una volta – di suggerire rispettosamente alla Committenza di servirsi per il futuro di una consulenza adeguata ad evitare spiacevoli equivoci e polemiche dannose all’immagine di Siena e del Palio, nel rispetto dei contenuti della fede cristiana e della religiosità popolare che è la componente che ha permesso alla nostra festa di mantenersi sempre giovane, evitando di ridursi ad un fatto folcloristico o ad un mero evento agonistico tra Contrade”.