E arrivò l’acqua in Fontebranda. A proposito: sicuri di sapere perché si chiama così?
Il 5 febbraio del 1342, scrive Girolamo Gigli nel suo Diario, viene condotta per la prima volta l’acqua in Fontebranda, ed in altre fonti della città “perloché furono fatte grandi allegrezze in Siena, e con ragione”. Gigli riprende la Cronaca di Agnolo di Tura del Grasso (XIV secolo) e prosegue su Fontebranda scrivendo che la vena d’acqua addotta qui serve ai molti edifici presenti per la concia “di pelli per suola, carte pecore, corde da strumenti, ed altri lavori, come botteghe di Tintorie, di Guado, di Cristalli e simili”. Per questo motivo, prosegue Gigli, Dante (amato/odiato nella nostra città, da Gigli parecchio) “ne fece notevol menzione” nei versi da lui scritti “Ma s’io vedessi qui l’anima trista/ di Guido o d’Alessandro o di lor frate,/per Fonte Branda non darei la vista” (Inferno, Canto XXX) e vi “sconvolgo” dicendovi che, forse, vista anche la contestualizzazione, probabilmente non si riferisce alla nostra fonte (Fontebranda è un toponimo largamente diffuso in Toscana), ma ad una omonima fonte presente nel Casentino, una fonte meno nota che si trovava nel castello di Romena, nel luogo, dunque, dove Mastro Adamo falsificò i fiorini su istigazione dei conti Guidi.
Maura Martellucci
Roberto Cresti