Riceviamo e pubblichiamo la riflessione del Gruppo “Siena Ideale”
Questa campagna elettorale “balneare” ha tenuto in sordina le grandi questioni di fondo che – specie in un momento di incertezza come quello attuale – dovrebbero fare da battistrada all’azione politica. In questa nebbia generalizzata, resa ancora più grigia e opprimente dalle minacce alla pace mondiale, uno dei pochi raggi di luce è stata la “Lettera alla Costituzione” del presidente della CEI Matteo Zuppi, appena aggiornata e pubblicata in un libro; un documento che si può definire universale, perché tocca sentimenti profondi e comuni: la paura, la solitudine, la sofferenza.
Solo l’amore, osserva il cardinale, dona quella speranza che allarga il cuore di ognuno e dà la forza per superare insieme le angosce e le paure individuali. Zuppi legge questi concetti nella filigrana della Costituzione italiana e li ripropone all’attenzione dei candidati in questi tempi così difficili. Con un approccio alto e originale, si rivolge direttamente alla nostra Carta costituzionale e ai costituenti, uomini e donne portatori di idee spesso contrastanti, ma che hanno saputo trovare una sintesi perfetta in grado di condurre il nostro Paese fuori dalle macerie della guerra, con l’unica stella polare del bene comune.
Ricca di significati è la lettura che il cardinale propone della parola libertà, vista non solo come “libertà da qualcosa”, ma come “libertà per raggiungere qualcosa”; e quel “qualcosa” è il progresso materiale e spirituale dell’intera società, in un contesto dove i diritti sono collegati alle responsabilità e, quindi, ai doveri. E molto forte è il passaggio della lettera in cui invita a riscoprire lo spirito costituente, superando gli interessi di parte per guardare al benessere di tutti. La nostra società, afferma Zuppi, ha bisogno di amore politico per la piena affermazione dei diritti fondamentali dell’uomo.
Una grande lezione di politica, oltre che di etica; che però ha ottenuto come risultato il silenzio assordante dei candidati. Non abbiamo letto reazioni a questo documento riportato da tutta la stampa nazionale. Si dirà che questi concetti sono presenti nei vari programmi elettorali; ma se non sono al centro di un confronto e di un dibattito vivo e continuo, restano solo slogan e vuote parole d’ordine. E questo silenzio è ancora più significativo da parte di coloro che si candidano a rappresentare un territorio, come quello senese che, già settecento anni fa, era un faro nell’intera Europa per questi valori; basterebbe solo rileggere l’Allegoria del “Buon Governo” di Ambrogio Lorenzetti all’interno del nostro Palazzo Comunale.
Emblematica risulta, infine, la riflessione del cardinale sul lavoro, ancora protagonista delle cronache per le morti bianche e per lo sfruttamento, specie degli immigrati; per i salari bassi e il lavoro nero. La Costituzione italiana, ricorda il cardinale, esalta l’umanizzazione del lavoro da cui discende il diritto del lavoratore a una retribuzione correlata alla qualità e alla quantità della prestazione, che consenta a lui e alla propria famiglia una vita libera e dignitosa. Sembra di leggere la Direttiva Quadro 89/391/CEE che, all’articolo 6 – Obblighi generali dei datori di lavoro – prescrive di “adeguare il lavoro all’uomo”, non viceversa. Una normativa che reca l’impronta di grandi europeisti, come l’allora presidente della Commissione Jacques Delors, socialista di aperta tradizione cattolica. E che si poneva nel solco di quell’Europa di Schengen e di Maastricht, così distante, purtroppo, da quella attuale.