L’Università degli studi di Siena mostra le tecniche di efficacia sulle misure di controllo relative alla fauna selvatica. Ormai sentiamo sempre più parlare di problemi inerenti ai danni causati da ungulati o altri animali presenti nelle nostre terre. Di recente, uno studio condotto dai ricercatori Niccolò Fattorini e Sandro Lovari è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista ‘Journal of Environmental Management’.
Lo studio dal titolo “The scale-dependent effectiveness of wildlife management: a case study on British deer”, frutto della collaborazione internazionale con Peter Watson della Harper Adams University di Newport e Rory Putman dell’Università di Glasgow, sviluppa una metodologia indiretta per verificare l’efficacia della gestione faunistica esplorando la validità dei piani di controllo di quattro specie di cervi su diverse scale spaziali.
“La necessità di attuare piani di controllo efficaci per i grandi erbivori selvatici è essenziale per la loro coesistenza con le attività umane” – spiegano i ricercatori. “A titolo di esempio, il recente esubero di fauna selvatica durante il lock-down disposto per l’emergenza Covid-19, anche da parte di specie invadenti le aree urbane, evidenzia ulteriormente la necessità di sviluppare adeguate tecniche di controllo faunistico, nonché di verificarne l’efficacia.”
Il lavoro mostra come la gestione di specie a maggiore mobilità risulti efficace solo se coordinata attraverso aree di elevata estensione. Per ogni particolare specie di ungulato l’efficacia della gestione dipende dunque dalla scala spaziale su cui questa viene condotta, che a sua volta è legata all’organizzazione sociale di quella specie.
“Nella migliore delle ipotesi – proseguono i ricercatori – la dimensione ottimale dei distretti di caccia viene calibrata sulla base dei movimenti delle popolazioni animali soggette al controllo. Più spesso, però, i distretti riflettono semplicemente i confini di aree amministrative, senza alcun significato biologico. Nel nostro studio abbiamo proposto un approccio per verificare a posteriori se la gestione risulti efficace e, in tal caso, quale sia la scala spaziale che permetta di ottenere la massima efficacia. Questo approccio può essere utilizzato, a seconda degli obiettivi e dei dati a disposizione, con diverse metriche di impatto o con stime numeriche di popolazioni, al fine di ottimizzare le decisioni gestionali.” “Dallo studio – concludono gli autori – emergono anche implicazioni etiche perché, nei casi in cui la gestione applicata non si dimostri efficace, ci si dovrebbe chiedere se sia corretto e utile continuare ad applicare metodi di controllo letali”.